Droga dello stupro. «Faceva spacciare il figlio», i pusher 2.0 della Capitale

L'inchiesta: due gruppi si erano spartiti Roma

Droga dello stupro. «Faceva spacciare il figlio», i pusher 2.0 della Capitale
di Michela Allegri
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Venerdì 29 Ottobre 2021, 06:30 - Ultimo aggiornamento: 21 Febbraio, 01:58

Dai salotti vip ai locali della movida, dalle scuole ai red carpet degli eventi artistici. I pusher 2.0, in grado di muoversi nel dark web per ordinare decine di flaconi di droga dello stupro e di sostanze nuove e potentissime da rivendere sulle piazze di spaccio di tutta l'Italia, erano costantemente alla ricerca di clienti per espandere il raggio di affari. Il segreto per fare partire il business era ampliare la rete grazie al passaparola di persone importanti: «La voce era arrivata all'assistente del politico, e quando gli serviva la merce chi chiamava? Chiamava me». Lo racconta una delle componenti di spicco di quella che gli inquirenti definiscono la «famiglia romana».
LA FAMIGLIA
Gli altri componenti della «famiglia romana», per gli inquirenti sono Danny Beccaria, Rosa Trunfio e, secondo il pm, il marito.

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Il gruppo, sottolinea il gip nell'ordinanza con cui due giorni fa ha disposto carcere e domiciliari per 39 persone, può contare una «nutritissima clientela che quotidianamente contatta, telefonicamente o mediante chat criptate, per concordare gli acquisti dello stupefacente».

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Beccaria ha un giro affollato all'interno dei locali notturni, ma «ha dato prova di disporre di una clientela estremamente variegata, personalità politiche, conduttori radiofonici ed appartenenti alle forze dell'ordine». Dello spaccio laziale si occupa anche un'altra banda, il «gruppo di Ostia», composta da Marcello Cerasaro, Mirko Giovannucci e Cristiano Coccia, e collegata alla prima. Un personaggio di spicco è la Trunfio, medico odontoiatra, ma che, sottolineano gli inquirenti, «si fregia anche del titolo di chirurgo estetico» e ha contatti che oltrepassano il Grande Raccordo Anulare.
 

 

Quando una delle spedizioni non va a buon fine e la clientela rischia di rimanere delusa, per esempio, la Trunfio in poco tempo riesce e reperire lo stupefacente a Napoli e si accorda per la consegna con Danny.

Nelle intercettazioni i due usano termini in codice, ma secondo il gip non ci sono dubbi: stanno parlando dei traffici illegali. «Per il regalo volevo spendere cento...», dice la donna. È l'ottobre del 2019. Dopo qualche ora, la dottoressa telefona di nuovo al complice e gli chiede se ha risolto la questione dell'«Acqua di Giò». In realtà, secondo l'accusa, la donna non si sta riferendo al famoso profumo di Armani, ma a un flacone di droga.

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IL MILITARE
Tra gli importatori di Ghb tramite il dark web ci sono diversi insospettabili. Oltre a Claudia Rivelli, sorella di Ornella Muti, sotto inchiesta ci sono un funzionario dell'Ater, un pittore, un professore delle medie, un architetto, un prete e un vigile urbano, altri componenti delle forze dell'ordine. E dagli atti spunta anche il nome di un ufficiale dell'Esercito, che si faceva spedire lo stupefacente presso la sede del Comando dove presta servizio, a Belluno.
L'inchiesta riguarda tutta l'Italia. Una storia choc arriva dalla provincia di Bologna: un padre, importatore di droga dello stupro tramite il dark web e coltivatore di marijuana, avrebbe assoldato il figlio sedicenne per spacciare tra i coetanei. Quando il ragazzino era stato ricoverato al pronto soccorso a causa di un eccessivo consumo di erba, l'unica preoccupazione del padre era che le attività illecite non venissero scoperte. L'uomo, inoltre, sarebbe quasi arrivato a minacciare il figlio a causa del mancato pagamento di una partita di marijuana. È il maggio del 2019 e gli amici del ragazzo sono in ritardo con il saldo. «Ascolta diamo un impulso a quella cosa, perché io tra l'altro ho qualcuno a cui rendere conto - dice il pusher - già mi ha detto: Passami i nomi, andiamo a casa loro e glieli chiediamo... io non voglio che succedano delle cose fastidiose». Il 4 giugno 2019 il sedicenne finisce in ospedale. Nelle telefonate di aggiornamento con la ex moglie - annota il gip - «appare evidente la preoccupazione dell'uomo con riguardo alle dichiarazioni che potrebbe aver rilasciato il figlio e a un conseguente possibile intervento della polizia». Invece di preoccuparsi della salute del ragazzo, infatti, continua a domandare: «È stato chiesto qualcosa in merito? Cosa ha detto?».

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L'allarme per i più giovani arriva anche dal coinvolgimento nell'inchiesta di un professore delle medie, insegnante di musica in una scuola in provincia di Cremona. Si sarebbe fatto recapitare presso l'istituto scolastico direttamente dall'Olanda addirittura 13 flaconi di catinoni (molecole psicoattive) sintetici. Gli inquirenti vogliono capire se lo stupefacente sia stato diffuso all'interno della scuola. Il gip sottolinea «l'estrema insidiosità e la pericolosità della condotta posta in essere dall'indagato» - ora ai domiciliari - e la sua «spregiudicatezza».
 

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