Roma, lo spaccio dopo Diabolik. Il nuovo “sistema” dei clan

L’omicidio Piscitelli ha stabilizzato i rapporti: i gruppi non si fanno la guerra

Roma, lo spaccio dopo Diabolik. Il nuovo sistema dei clan
di Camilla Mozzetti
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Domenica 13 Febbraio 2022, 00:05 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 05:03

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A Villalba, un quartiere tra Roma e Guidonia, lo chiamavano il fortino del calabrese: una vera piazza di spaccio nascosta in un appartamento protetto da telecamere e circondato da stradine a senso unico alternato con “cavalli” e vedette piazzate agli angoli. Gli acquirenti arrivavano a tutte le ore del giorno, parcheggiavano, citofonavano ed ecco che veniva consegnata loro la dose. In una mezza giornata questa piazza domestica faceva fruttare non meno di 2.050 euro. Tanti sono stati i soldi recuperati dagli agenti di polizia della Squadra Mobile che dopo un appostamento hanno fatto irruzione sequestrando droga, armi, denaro e recuperando parte dello stupefacente nelle fogne perché se nelle piazze a cielo aperto la droga viene gettata nei cassonetti o nei bracieri in quelle chiuse viene scaricata nei wc.

Una nuova realtà che va ad aggiungersi alle piazze tradizionali che non passano mai di moda ma che, al contrario, si moltiplicano. Come nel caso di Santa Palomba, quartiere a sud di Roma. Qui i carabinieri del Nucleo Investigativo di via in Selci insieme ai militari della compagnia di Pomezia hanno arrestato a gennaio 20 persone che «in un comprensorio chiuso, circondato da fossi con un sistema di vedette - spiega il capitano Marcello Pezzi, comandante della compagnia dei carabinieri di Pomezia - avevano allestito due piazze di spaccio perfettamente equilibrate». A “servire” la droga ad entrambi gli schieramenti era Fabiola Moretti, l’ex primula rossa della Banda della Magliana

IL SISTEMA

Cinque lettere: tre consonanti, due vocali e un fiume di denaro che scorre tra i rivoli della Capitale.

La droga, che fa fruttare milioni di euro e che arriva in città nei modi più disparati - come l’ultima operazione della Guardia di Finanza ha dimostrato bloccando lo scorso gennaio a Monterotondo Scalo un tir proveniente dalla Slovenia con 680 chili di cocaina pura al 70% - porta sempre una firma. O meglio, più firme che hanno sottoscritto in tempi ormai lontani un patto chiaro: «Roma è una banca di soldi per tutti i gruppi criminali - metteva a verbale qualche anno fa il collaboratore Massimiliano Fazzari - quindi si sa benissimo che i morti meno se ne fanno e meglio è, e se non se ne fanno proprio tanto di guadagnato». Ma l’imprevisto si deve mettere in conto se in quel groviglio di criminalità (pure equilibrato), che per anni ha dato da mangiare a tutti senza lasciare nessuno a digiuno, c’è chi punta poi alla scalata.

IL RIASSETTO

Febbraio 2022: è ancora il tempo della “riorganizzazione” benché siano passati due anni e mezzo da quel 7 agosto 2019 quando, al parco degli Acquedotti, Fabrizio “Diabolik” Piscitelli, l’uomo che più o meno consapevolmente aveva tentato la “scalata” al sistema dopo esser cresciuto all’ombra di un boss - lucidamente “pazzo” - ha fatto la fine di un traditore: ucciso alle spalle con un solo colpo di pistola. In audizione davanti alla Commissione antimafia, l’ex procuratore capo Michele Prestipino disse: «L’omicidio Piscitelli è un omicidio strategico, è stato funzionale al riassetto di alcuni equilibri criminali non soltanto della città di Roma». Ma nella Capitale i nomi di chi è al comando dello spaccio si rincorrono da anni: criminali autoctoni - Gambacurta, Sgambati, Sterlicchio, Casamonica -, napoletani (Senese, Moccia, Nastasi, Licciardi) e calabresi, dai Bellocco ai Filippone fino agli Strangio.

In mezzo ci sono entrati anche gli albanesi che non disdegnano niente e nessuno e gli affari li fanno con tutti. Nell’agosto del 2019 la Squadra Mobile firmò l’operazione “Aquila Nera” che pose fine ad un traffico internazionale di droga tra l’Olanda e la Capitale - gestito da un albanese, Lulzim Daiu - per le piazze di Tor Bella Monaca e San Basilio. La droga passava il confine in auto, nascosta in doppifondi creati ad hoc. Un mese più tardi dall’inchiesta “Vento dell’Est” della Guardia di finanza emerse come i Bellocco, storica ‘ndrina di Rosarno, entrarono in affari con il gruppo degli albanesi di Arben Zogu, per un periodo “socio” anche di Piscitelli, mentre un altro albanese - Doran Petroku – proverà ad organizzare insieme a Salvatore Casamonica ed esponenti della criminalità montenegrina un’importazione su Roma di sette tonnellate di coca. 

IL CAMBIO

Sotto questa costellazione si muove lo spaccio. Che pure è cambiato anche a causa della pandemia da Covid. Il sistema delle piazze cosiddette “aperte” resiste ma crescono anche le piazze “chiuse”. «A partire dal lockdown – spiega Antonello Giugliano, dirigente della VI Sezione della Squadra Mobile – il sistema si è riorganizzato per l’impossibilità di uscire. La droga viene consegnata a domicilio partendo sempre dalle piazze tradizionali, usando i cosiddetti “rider”». Gli investigatori hanno ribattezzato il fenomeno in “speedy pezzo”. Ma c’è anche lo spaccio negli appartamenti: da Guidonia al Trullo, da Ponte Mammolo a San Lorenzo, dal Tiburtino III all’Albuccione: «Veri e propri fortini – conclude il dirigente della VI Sezione della Mobile – creati negli appartamenti, nelle cantine, nei garage. Più sono inseriti in contesti urbani particolari con strade e vie che formano dei labirinti più il sistema lavora e incassa». Nelle piazze tradizionali invece lo spaccio segue sempre il solito schema. «A Tor Bella Monaca – spiega il Tenente Colonnello Alberto Raucci, a capo della compagnia dei carabinieri di Frascati – esistono 13 piazze di spaccio e la maggior parte si concentra in via dell’Archeologia». Nessuno si ostacola e tutti fanno affari: «Dopo ogni operazione i gruppi si riorganizzano - prosegue Raucci - negli ultimi sei anni le misure cautelari emesse sono state più di 140 ma qui l’approvvigionamento avviene sempre o dai napoletani o dai calabresi» che sono poi quelli che sovrintendono il giro.

Giusto per dare un’idea della ripartizione attiva sul territorio tra i civici 38 e 106 di via dell’Archeologia le piazze sono tenute in mano dai Vallente, dai Nastasi, dal clan Mazzullo imparentato con i Moccia, dai Longo. E poi la piazza di via Camassei in mano ai Maruca o quella di San Biago Platani dove operano i Careddu. A chiarire meglio come il sistema del traffico di stupefacenti sia cambiato o abbia potuto ricomporre un proprio assetto anche dopo l’omicidio di Piscitelli, potrebbero tornare utilissime le chat “Sky ecc” recuperate dagli investigatori francesi ed olandesi all’incirca un anno fa quando nel corso di un’inchiesta internazionale è stato “bucato” il server sul quale passavano le conversazione di Giuseppe Molisso, boss di Roma Ovest legato ai Senese. Molisso aveva commissionato a Raul Esteban Calderon, accusato dell’omicidio di Piscitelli, l’uccisione dei figli di un suo rivale. L’agguato avvenuto a luglio 2021 non andò in porto ma con quelle conversazioni trasmesse a Roma si potrebbero cristallizzare ruoli e posizioni di potere dell’odierna mala romana. 

 

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