Delitto di Torvaianica, scoperto il mandante. I legami con Diabolik

Per l’omicidio in spiaggia di Selavdi Shelaj incriminato Peppe Molisso. L’ipotesi è che possa aver ordinato anche l’esecuzione di Fabrizio Piscitelli

Delitto di Torvaianica, scoperto il mandante. I legami con Diabolik
di Valeria Di Corrado e Alessia Marani
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Mercoledì 3 Agosto 2022, 22:42 - Ultimo aggiornamento: 5 Agosto, 08:27

«Sei un grande amico mio! Hai preso i soldi amico, so’ contento. Te li meriti, sei un ragazzo d’oro». Così il 39enne di origini napoletane Giuseppe Molisso (legato al clan camorristico dei Senese) si complimentava con il suo “killer di fiducia”, l’argentino Raul Esteban Calderon, per aver ucciso il 20 settembre 2020 l’albanese Selavdi Shelaj sul lungomare di Torvajanica.

«Lo so amico mio, tu sei sicuro di quello che fai. Grazie amico mio». Queste chat criptate, che i carabinieri del nucleo investigativo di Roma sono riusciti a decifrare, sono servite alla Direzione distrettuale antimafia per scoprire il mandante dell’omicidio dell’albanese Shelaj, detto Simone “passerotto”, colpito al collo da due colpi di pistola calibro 7,65, sparati a distanza ravvicinata alle 10,40 del mattino, mentre si trovava al chiosco Bora Bora. Per questo il gip del Tribunale di Roma, Francesca Ciranna, ha notificato una nuova ordinanza di custodia cautelare in carcere per Molisso, con l’accusa di omicidio volontario con l’aggravante del metodo mafioso, in concorso con Raul Esteban Calderon ed Enrico Bennato (fratello di Leandro), ritenuti gli esecutori materiali del delitto.

I due, infatti, «travisati dall’uso di mascherine e caschi integrali al momento della fuga», hanno - come già emerso dalle indagini dei carabinieri del nucleo investigativo di Frascati e della Squadra Mobile di Roma - sparato verso l’albanese, grazie anche all’appoggio di un “palo” non identificato.


«LA PISOLA FA PULIZIA»
In carcere è finito anche il cognato di Molisso, Guido Cianfrocca, accusato di aver procurato l’arma ai killer. Per convincerli dell’efficienza del revolver, manda il seguente messaggio: «Meglio di un’automatica, non si blocca, fidate! Sembra un giocattolo... che fa pulizia e toglie il sentimento». Mentre per Luca De Rosa, romano di 34 anni, il giudice ha disposto l’obbligo di firma perché accusato di ricettazione per aver trovato lo scooter X-Max, risultato rubato, da utilizzare per il delitto. 


Molisso era già detenuto con l’accusa di essere il mandante del duplice tentato omicidio dei fratelli Costantino, avvenuto il 13 luglio del 2021 nel quartiere Alessandrino. Anche in quest’ultimo caso, secondo l’ipotesi accusatoria della Procura, l’esecutore materiale era stato l’argentino Calderon. Molisso - come si legge nell’ordinanza di arresto - ha assunto «un ruolo predominante nel panorama criminale romano, soprattutto nel settore del narcotraffico, rifornendo stabilmente buona parte delle piazze di spaccio nel quartiere di Tor Bella Monaca» ed «è divenuto persona molto temuta, pericolosa e forte, che non ha problemi a ricorrere all’uso della violenza, anche attraverso l’utilizzo di armi da fuoco».

 


LA SCIA DI SANGUE
La lunga scia di sangue comincia il 7 agosto del 2019 con l’assassinio di Fabrizio Piscitelli, alias Diabolik al Parco degli Acquedotti. La morte violenta del Diablo scatena la rappresaglia tra i gruppi “federati” del crimine romano, che, almeno stando alla cartina geografica della mala capitolina, parevano giocare sullo stesso campo, quello del Tuscolano-Cinecittà, dove arbitro indiscusso era da sempre Michele Senese, “o’ Pazz”. Sotto la sua ala protettrice era cresciuto Diabolik; costola del clan era anche il raggruppamento di Molisso sempre più presente a Tor Bella Monaca, una “piazza” in cui operava anche Fabrizio Fabietti, sodale e braccio destro del Diablo. 


Dopo l’uccisione di Piscitelli, come vendetta, qualcuno tenta di uccidere Leandro Bennato, accusato poi dalla Procura di Roma di essere il mandante del delitto dell’ex leader degli Irriducibili della Lazio. Il 14 novembre 2019 Bennato, fratello di Enrico e nipote di Walter Domizi, il “Gattino”, è vittima di un agguato armato mentre è in auto nel traffico di via Boccea. Bennato è una figura criminale di spicco a Casalotti, molto vicino a Molisso. La sua “fazione” pensa che a sparare sia stato appunto l’albanese Selavdi Shelaj.


A partire da quel momento e fino al 25 novembre le chat dei cripto telefoni (decifrate dall’Europol) tra Molisso, i Bennato e Calderon diventano bollenti: bisogna cercare chi ha tentato di uccidere “Leo” e fargliela pagare. L’argentino si mette dapprima sulle tracce di Fabietti che nel frattempo ha arruolato un bodyguard e si salva scappando per i tetti di casa. Poi sugli albanesi amici di Piscitelli. Molisso consulta anche Elvis Demce che cerca informazioni a San Basilio e mette in giro la voce che il Diablo sia stato tradito da Fabietti. Alla fine Calderon individua Selavdi a Torvaianica.

L’equazione, a guardarla così, sembrerebbe semplice: Calderon è l’uomo di Molisso, il killer fidato a cui assegnare i compiti più delicati, ergo se Calderon agisce lo fa per suo conto. 
Ma ogni teorema ha le sue incognite e chissà che a portare gli inquirenti a dama sull’omicidio Piscitelli - indaga la Squadra Mobile - non siano sempre le chat disvelate. Resta un quesito: e i Senese, in tutto ciò, sono stati alla finestra? Difficile pensarlo, considerato che un pentito definiva Michele o’ Pazz il «capo indiscusso della malavita romana», perché «comanda tutto lui». 

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