«In questa storia abbiamo perso tutti. Nessuno ha fatto una bella figura. Stefano Cucchi quel giorno doveva andare in ospedale e non in carcere». Il procuratore generale di Roma, Roberto Cavallone, conclude così la sua requisitoria, con la quale chiede tre condanne nel processo d'appello per il pestaggio di Stefano Cucchi. Il Pg, in particolare, ha sollecitato una pena a 13 anni di reclusione per l'accusa di omicidio preterintenzionale per i due carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro che in primo grado erano stati condannati a 12 anni. Chiesti poi 4 anni e mezzo per il maresciallo Roberto Mandolini (3 anni e sei in primo grado) accusato di falso. Infine, chiesta l'assoluzione per Francesco Tedesco, il militare che con le sue dichiarazioni ha fatto luce su quanto avvenuto nella caserma Casilina la notte dell'arresto di Cucchi.
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«Credo che nel nostro lavoro serva più attenzione - ha aggiunto Cavallone - per le persone piuttosto che per le carte che abbiamo davanti.
Infine proprio oggi, nel corso della cerimonia di insediamento, il nuovo comandante generale dell'Arma, Teo Luzi, ha affermato di «non ignorare i gravi fatti causati negli ultimi anni dal comportamento scellerato di carabinieri infedeli. Non dobbiamo guardare a queste vicende con indifferenza, ma imparare dagli errori. Anch'io, Carabiniere tra i Carabinieri, ho provato profonda amarezza e dolore. Dobbiamo accettare le critiche, anche quelle più pungenti, che ci devono rendere ancor più determinati nel migliorarci, affinché certi deplorevoli comportamenti siano repressi con rigore e, per quanto possibile, prevenuti». Il pestaggio in caserma di Stefano Cucchi avvenne la sera tra il 15 e il 16 ottobre del 2009, dopo che il giovane era stato arrestato per detenzione di stupefacenti. Cucchi morì sei giorni dopo per le lesioni riportate mentre si trovava ricoverato all'ospedale Sandro Pertini.