Cremazioni a Roma, l'ultima beffa: Ama compra container sbagliati. Duemila salme in attesa

Cremazioni a Roma, l'ultima beffa: Ama compra container sbagliati. Duemila salme in attesa
di Francesco Pacifico
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Giovedì 31 Dicembre 2020, 08:43

Al cimitero Flaminio-Prima Porta sono salite a duemila le salme ancora in attesa di essere cremate. E se i forni per l'incenerimento continuano a lavorare a rilento, non funzionano neppure i dieci container frigorifero affittati da Ama per conservare i corpi in questa fase. La municipalizzata, infatti, deve fronteggiare un altro problema che ha il sapore della beffa: i silos refrigerati consegnati nei giorni scorsi hanno motori che sono alimentati a corrente industriale. Ma nel camposanto a Nord di Roma nessuna spina può garantire ed erogare un voltaggio adeguato. Quindi non sono ancora operativi, in attesa che vengono forniti dei gruppi elettrogeni adeguati.


Il tetto


Da mesi è il caos sul fronte cimiteriali capitolina.

Soprattutto su quello delle cremazione. Se a inizio novembre le liste d'attesa erano circa di un mese, a dicembre l'azienda ha comunicato alle agenzie funebri un tetto, di non poter gestire più di 200 interventi a settimana - tetto che nella settimana in corso è stato raggiunto già l'altro ieri - rinviando le altre oppure facendo queste operazioni fuori Roma. Da qui la decisione dell'azienda di noleggiare per sei mesi da una ditta di Livorno che di solito serve carrier che trasportano derrate agricole e ittiche.

Secondo Natale Di Cola, della segreteria della Cgil Lazio, «l'emergenza cimiteri che da mesi ormai affligge la Capitale sta assumendo contorni grotteschi. Da un lato l'immobilismo del Comune di Roma che ancora non interviene per trovare soluzioni strutturali, dall'altra le scelte di Ama che continuano a peggiorare il servizio per i cittadini. Con oltre 2mila salme in attesa di cremazione la situazione è ormai fuori controllo». Stesso allarme arriva dalle associazioni che raccolgono le imprese funebri: Efi, Federcofit e Feniof, oltre a denunciare «il silenzio assordante da parte del Comune», hanno scritto al prefetto Matteo Piantedosi per chiedere di intervenire, perché «c'è il timore che la situazione possa degenerare» e «in questo particolare momento si rivela necessario, per superare l'intasamento dell'impianto della Capitale, consentire la cremazione in altre città». Da qui la richiesta a Palazzo Valentini di spingere il Campidoglio a congelare i balzelli - «oltre 430 euro» - per portare i feretri fuori Roma.


Ama, dal canto suo, smentisce il caos e giustifica i problemi con l'aumento delle morti in fase di pandemia. «Da ottobre al 20 dicembre, nella città di Roma, si sono registrati 9.349 decessi contro i 6.496 dell'analogo periodo del 2019». Cioè 2.853 in più in 80 giorni». In realtà soltanto un quinto sarebbe imputabile al coronavirus. Accanto a questo, ci sono i mancati investimenti per rafforzare le linee di inceneritori o costruire di nuove, nonostante un piano approvato nel 2017. Fatto sta che oggi, complice la scarsa manutenzione, di sei linee ne lavora una e neppure a ciclo continuo, con Ama che avrebbe aperto un contenzioso con la ditta che le gestisce. Intanto, e sempre sul fronte Ama, l'amministratore unico Stefano Zaghis, ha dato l'ultimo via libera all'ultima tornata di aumenti ai dirigenti di prima linea della municipalizzata (Claudio Gaspari, il capo del servizio cimiterario Fabrizio Ippolito, Silvio De Sisti, Antonella Fiore e Emanuele Lategano): avanzamenti che hanno spinto il Pd e Fratelli d'Italia, da un lato, la Cgil, dall'altro, ad annunciare denunce alla Corte dei Conti.

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