“Crazy” al Chiostro del Bramante, il bello della pazzia secondo 21 artisti

Nella nuova mostra curata da Eccher, da oggi al Chiostro del Bramante, le opere sono presentate come uno show.

Crazy al Chiostro del Bramante, il bello della pazzia secondo 21 artisti
di Laura Larcan
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Sabato 19 Febbraio 2022, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 7 Ottobre, 15:31

«Molti dicono che sono pazzo, ma la pazzia è una benedizione per l'arte». La battuta è di Willem Defoe, gli occhi spiritati e guance scavate, mentre interpreta Vincent Van Gogh. Una grande verità, che sembra restituire il senso della mostra Crazy da oggi al Chiostro del Bramante, dove tutto è possibile (con la scusa della follia). Delirio, stupore, teatralità, le opere vanno in scena come uno spettacolo. Stupiscono, divertono, stordiscono, lasciano perplessi. Ventuno artisti internazionali esprimono il loro personale concetto di pazzia a suon di installazioni. Si cerca l'effetto a tutti i costi. Troppo? Forse, ma come diceva Alda Merini, anche la follia merita i suoi applausi. «Il percorso ha due colonne storiche, come l'Installazione ambientale di Lucio Fontana e il percorso programmato Topoestesia di Gianni Colombo - avverte il curatore Danilo Eccher - Tra questi due giganti si muovono gli altri importanti creativi, dando voce alla loro ricerca, concependo ogni lavoro appositamente per questi spazi».

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IL PERCORSO
Il chiostro all'aperto è il primo coup de théâtre (al servizio di foto da postare sui social), con la colata di vernici millecolori di Ian Davenport, solo apparentemente fuori controllo, il pavimento rivestito di specchi rotti e calpestabili di Alfredo Pirri, un gioco di riflessi che fonde architettura e cielo divertendo il pubblico (compresi gli scricchiolii ad ogni passo), le scritte al neon di Alfredo Jaar con l'omaggio a Dante, le allucinate statue iperrealiste di persone sedute su divani con enormi massi al posto delle teste di Sun Yuan e Peng Yu.

All'interno, il gioco onirico ed effimero (molto), continua. Tra interventi suggestivi e altri più ludici. Il soffitto sfondato di Thomas Hirschhorn da cui piovono cartoni, e l'ambiente di Anne Hardy dove sembra di entrare in un film di David Lynch, con un tavolo affollato di oggetti poveri forse riaffiorati da ricordi ancestrali mentre sul soffitto si aprono altri ambienti come stanze della mente. O le luminarie di Massimo Bartolini che sembrano riciclate da sagre di paese e accatastate come memorie di infanzia. Ogni volta c'è la voglia di sorprendere. Ipnotica e straniante, brilla l'installazione ambientale di fontana, presentata a Documenta di Kassel nel 1968, un gioiello, un trip a tutti gli effetti: si entra, ci si perde, ed è dolce naufragar nel suo bianco. Ancora, i bouquet pendenti di cera di Petah Coyne, i neon di Alfredo Jaar che accompagnano il visitatore in vari momenti del viaggio con frasi slogan tipo I can't go on I'll go on, e il cinematografico tunnel scala di falene nere di Carlos Amorales. Un po' Hitchcock, un po' Dario Argento, un po' lunapark.

 


Tra capelli sintetici e candelabri volanti, ecco la cabina armadio della bolognese Sissi, che riempie, da accumulatore compulsivo, di abiti e oggetti. Sembra un deposito di costumi del Teatro dell'Opera. E qui si scoprono anche i tamburi magici di Anri Sala. Il labirinto di Gianni Colombo è un'esperienza emotiva. Vale tutto il primo piano del Chiostro del Bramante. Finale, con i Fallen Fruit, il duo di americani, che rivestono (e profumano) il salone con immagini tappezzeria prese in prestito da Villa Adriana e Villa d'Este. Il più pazzo di tutti? «Io, che ho avuto la follia di mettere insieme tutto questo», ironizza Danilo Eccher.
Arco della Pace 5, fino all'8 gennaio 2023. Tutti i giorni, 10-20, sab-dom 10-21, 0668809035
 

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