C’è chi chiama solo per un mal di pancia, che tutto è tranne un sintomo Covid. Altri sono semplicemente spaventati, non hanno nulla, ma l’ansia è fermentata al punto che, a dispetto di qualsiasi evidenza, si sono convinti: urge il tampone. Per tranquillizzarli basterebbe probabilmente una passata di stetoscopio del caro, affidabile medico di famiglia. Ma purtroppo a Roma la maggioranza dei dottori di base, in tempi pandemici, schiva le visite a domicilio. E così molte chiamate vengono deviate alle Uscar, le unità speciali di «continuità assistenziale» che ogni giorno si spostano da un capo all’altro della città per visitare i casi sospetti di coronavirus. Spesso però, arrivati sul posto, medici e infermieri scoprono che i malanni in questione di sospetto hanno poco o nulla.
Covid, chiamate ingiustificate
«Oltre il 35% delle chiamate che riceviamo è ingiustificato.
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Il discorso cambia se invece a chiedere il test è una persona che non mostra alcun sintomo del Covid né ha avuto contatti diretti con pazienti positivi. Insomma, non c’era motivo di far intervenire d’urgenza le unità speciali della Regione, che hanno altre priorità e possono contare su risorse e mezzi limitati: in tutto il Lazio le Uscar hanno 23 automobili.
E di queste, 8 sono prese a noleggio, tramite Uber, l’app che permette di prenotare gli Ncc in alternativa al taxi. È vero che le truppe dei dottori delle unità speciali sono state rimpolpate, altri 400 sanitari hanno aderito a ottobre all’appello della Pisana (anche se quasi la metà dev’essere formata), ma come rimarca il capo delle Uscar «se tutti i medici di base facessero le visite a domicilio, questo problema non si porrebbe». Ieri la Regione ha diffuso i dati sugli ambulatori che hanno accettato di eseguire i tamponi rapidi: su 4.600 dottori di base, nel Lazio si sono fatti avanti in 1.737, di cui 849 nella città di Roma.
BATTAGLIA LEGALE
Secondo l’Ordine dei medici però solo 341 - meno del 10% del totale... - hanno aderito alla call per la «funzione domiciliare Covid-19», insomma per assistere a casa i positivi o i casi sospetti. E il Tar ha dato ragione a un piccolo sindacato che si è opposto al fatto che questa funzione diventasse obbligatoria. La Pisana si è opposta, il ricorso al Consiglio di Stato è ancora pendente. Nel frattempo, lo spreco dei tamponi continua.