Covid Roma, stop dei pediatri: «Per tornare in classe bisogna fare il tampone»

Covid e scuola, a Roma stop dei pediatri: agli alunni senza test niente certificati per la scuola
di Francesco Pacifico
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Lunedì 21 Settembre 2020, 22:32 - Ultimo aggiornamento: 22 Settembre, 10:37

Guai ad ammalarsi a scuola. E non soltanto di Covid. Per farli rientrare a scuola, i presidi vogliono la certificazione del medico che lo studente - bambino o ragazzo che sia - sia in buone condizioni e non abbia contratto il virus. I pediatri, invece, non vogliono firmare i certificati medici, e attestare il mancato contagio, se i loro giovani assistiti non hanno fatto il tampone. 
Risultato? Si sta creando una spirale pavloniana, un cane che si morde la coda, con famiglie confuse e alcuni bambini - circa una cinquantina dallo scorso 14 settembre - rimasti a casa in attesa che la situazione o le loro anamnesi si chiariscano.

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I DUBBI DEI DOTTORI

Spiega Teresa Rongai, presidente della Fimp (Federazione italiana medici pediatri) di Roma e Provincia: «In alcuni i casi i sintomi del Coronavirus sono molto simili a quelli della semplice influenza: febbre, dissenteria, mal di gola o congiuntivite. Di più, i sintomi del Covid sono altamente generici. Detto brutalmente, questa malattia non ha ancora dei segnali precisi che ci spingono a fare subito una diagnosi certa. Chiarito questo, per far rientrare i bambini dopo la malattia, le scuole vogliono una certificazione che attesti che non è Covid. Ma io pediatra, come faccio a saperlo, se lo studente non fa il tampone? Non posso assumermi questa responsabilità». 

IL NODO DEI GENITORI

Ed è proprio questo il nodo della questione. «Si fa molta confusione sulle prescrizioni del comitato tecnico scientifico in caso di positivi a scuola: quando si riscontra un caso, si deve aspettare 48 ore nelle quali si fa il contact tracing per capire se è necessario che gli altri allievi, insegnanti o bidelli debbano fare il tampone. Bene, in quel caso siamo i genitori ci subissano di telefonate o scrivono messaggi di fuoco sulle chat per far fare il molecolare. Ma quando a quegli stessi genitori, soprattutto di bambini piccoli, si chiede loro di fare i test sui figli dopo che hanno avuto qualche linee di febbre o una tonsillite, ti dicono che è una procedura troppo invasiva e dolorosa infilare un bastoncino nel naso e a livello faringeo. Così, non se ne esce».
 

I NUMERI

A Roma città - per una platea di circa 400mila studenti tra allievi di nidi, asili, elementari e medie - ci sono circa 330 pediatri. E pochi di loro, in questi giorni stanno firmato i certificati medici. La Regione Lazio ha previsto che nelle fascia tra gli 0 e 5 serve un’attestazione del medico per far rientrare a scuola i ragazzi dopo tre giorni di assenza. Limite che sale a 5 giorni per gli studenti di medie e superiori. «Ma se in classe un mio bambino si sente male - dice Francesca Laudano, preside dell’istituto comprensivo Poseidone - vomita, ha qualche linea di febbre o ha mal di gola, scattano comunque le procedure antiCovid. E anche se il giorno dopo sta meglio, per raccoglierlo devo avere il certificato medico del pediatra. Devo dire che qualcuno lo fa». Anche per risolvere la questione, la Regione vuole accelerare sui test salivali, che entro fine settimana lo Spallanzani dovrebbe avallare, mandando davanti alle scuole anche delle stazioni mobili. Intanto, proprio per rendere meno traumatica l’operazione ai bambini più piccoli, è stato ideato un tampone solo nasale e non più faringeo. 
 
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