Gli ospedali della Capitale sono pronti a riattivare le attività ordinarie. Con aperture a “soffietto” e una rimodulazione della rete sanitaria che seguirà la curva dei contagi. Dalla scorsa settimana la Regione Lazio sta incontrando direttori sanitari e responsabili Asl per stabilire priorità e riaperture. Dopo lo stop imposto dall’impennata dei contagi infatti, l’intera rete è andata in tilt tra reparti chiusi e interventi cancellati. Una misura estrema e necessaria per convertire 5.300 posti letto in Covid.
Con i contagiati trasferiti e ricoverati anche nelle sale risveglio destinate, in realtà, ai pazienti appena usciti dalle sale operatorie.
LA PRIORITÀ
Gli ospedali iniziano perciò a “respirare”. E la priorità è dei pazienti no covid. Con una lunghissima lista d’attesa di operazioni “saltate” e ora da smaltire. Tra Roma e Lazio, sono state 80mila le cancellazioni. Ecco perché la Pisana ha avviato l’iter per un accordo con le cliniche private: dalla prossima settimana 40 strutture metteranno a disposizione di equipe e medici le sale operatorie. Sono così pronti a riaprire reparti e padiglioni per i pazienti no Covid. Anche se ogni ospedale dovrà garantire comunque, in base alla disponibilità, un numero fisso di postazioni da destinare ai ricoverati per Coronavirus. Come al policlinico Casilino: «Aspettiamo le indicazioni regionali per procedere con la riattivazione dei reparti. Per la seconda settimana di seguito registriamo un alleggerimento generale in tutta la struttura» dice Adolfo Paganelli, direttore del pronto soccorso. Deciso a riprendere dalla medicina Generale: «Al momento ospitiamo 49 posti letto Covid - precisa- non appena avremo la conferma, i primi da riconvertire saranno per la medicina generale». Lo stesso al Grassi, l’ospedale che ha chiuso due reparti per garantire 70 postazioni ventilate e assistite ai contagiati. E dove il piano, dalla prossima settimana, è quello di ridurre i Covid “bassa intensità”. Si tratta dei malati non gravi, che non necessitano per esempio di ventilazioni assistite.
L’EMERGENZA
Pure al Sant’Eugenio i dirigenti stanno studiando un sistema di riaperture in grado di ripristinare, almeno in parte, le attività. E anche in questo caso la precedenza sarà per medicina Generale: «A fare la differenza in questa fase della pandemia che sta rallentando, sono i guariti» spiega Guido Cohen, direttore di Otorinolaringoiatria. Che sottolinea: «I tempi sono stretti, non abbiamo più margine per rimandare ancora le riaperture. Siamo già a un punto di non ritorno perché ormai da due mesi le attività sono di fatto sospese. Questo - sottolinea - è il momento giusto per ripartire anche se gradualmente». Resta però ancora un nodo importante da sciogliere. Quello del personale contagiato. Dopo il reparto di Oncologia chiuso al policlinico Umberto I per un infermiere positivo, al San Camillo l’allarme è scattato nel reparto di medicina Interna dove sarebbero risultati positivi in tre tra medici e infermieri. Con la disposizione, immediata, di chiudere il reparto e trasferire i 18 pazienti ricoverati, 12 Covid e 6 per altre patologie, in un altro reparto.