Corso Francia, Pietro Genovese al gip: «C'era il verde, sono devastato». I legali: «Non è un killer»

Corso Francia, Pietro Genovese interrogato dal giudice: «Dolore e angoscia per la morte di Gaia e Camilla»
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Giovedì 2 Gennaio 2020, 14:19 - Ultimo aggiornamento: 3 Gennaio, 07:49

Un racconto interrotto spesso dalle lacrime. Ancora visibilmente scosso Pietro Genovese, il 20enne accusato di omicidio stradale plurimo per avere investito la notte tra il 21 e il 22 dicembre scorso Gaia von Freymann Camilla Romagnoli, ha deciso di rispondere alle domande del gip ricostruendo, nell'ambito dell'interrogatorio di garanzia, quella tragica notte. «Sono ripartito con il verde, il semaforo segnava verde, questo lo ricordo», ha detto il giovane assistito dai difensori Franco Coppi e Gianluca Tognozzi

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Un atto istruttorio durato poco più di una ora. Giacca scura e jeans neri, Genovese ha raggiunto l'ufficio del gip Bernadette Nicotra poco dopo le 14. Occhi bassi e sguardo fisso è entrato nell'ufficio del giudice per fornire la sua versione a dieci giorni dai fatti. «Quella sera - ha sostanzialmente detto l'indagato - ero andato ad una festa a casa di un mio amico che rientrava a Roma dal progetto Erasmus. Abbiamo quindi deciso di tornare a casa e ho imboccato Corso Francia. In auto con me c'erano due miei amici. Ricordo che il semaforo era sul verde e ho ripreso la marcia, sono ripartito».

Per Genovese si tratta del secondo confronto con gli inquirenti. Nel corso del primo colloquio, a poche ore dai fatti, si era limitato a dire di «non ricordare nulla, di non avere visto le due ragazze» che stavano attraversando. Nel corso dell'interrogatorio di oggi il 20enne ha ammesso di sentirsi «sconvolto e devastato per quello che è successo».

Nelle contestazioni il gip afferma che Genovese, alla guida di un Suv, aveva un tasso alcolemico superiore al consentito frutto forse della serata trascorsa a casa dell'amico e che viaggiava ad una velocità «sostenuta», superiore ai 50 km orari. Una ricostruzione suffragata anche da una serie di testimonianze. 

L'auto di Genovese dopo l'impatto si è fermata a circa 250 metri dall'incidente, così come ribadito da uno degli amici che era in macchina. Per chi indaga «una velocità prudenziale e una condizione di sobrietà in rapporto alla prossimità di un attraversamento semaforico avrebbe, con ogni probabilità, permesso all'indagato di meglio controllare il veicolo mettendo in atto manovre di emergenza per arrestarlo davanti a ostacoli prevedibili».

I difensori del giovane al termine dell'atto istruttorio non hanno presentato alcuna istanza per chiedere l'attenuazione della misura cautelare degli arresti domiciliari. «Questa è una tragedia per tutte e tre le famiglie coinvolte - hanno detto Franco Coppi e Gianluca Tognozzi lasciando la cittadella giudiziaria -. Genovese non è il killer descritto e merita rispetto e comprensione come le famiglie di queste due ragazze». E ancora: «ad ora non abbiamo presentato istanza di attenuazione della misura cautelare. Rifletteremo anche su un eventuale ricorso al Riesame». Domani potrebbero essere ascoltati come testimoni i due ragazzi che erano a bordo del Suv con Genovese quella sera.​
 
 
 
 

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