Dopo secoli il virus oscura le festa all'eremo di Subiaco, dove San Benedetto dettò la regola

San Benedetto da Norcia, morto a Montecassino nel 547, un monaco. dettò la regola; "Ora et labora"
di Antonio Scattoni
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Venerdì 29 Gennaio 2021, 16:53 - Ultimo aggiornamento: 16:54

L'epidemia di Coronavirus oscura anche la secolare festa all'eremo di San Biagio a Subiaco, uno dei simboli della Valle dell'Aniene. Non accadde nemmeo nella Seconda Guerra Mondiale. L’appuntamento del 3 febbraio, subito dopo la Candelora, nell’eremo montano di San Biagio, caro alla scrittrice Susanna Tamaro ("Va dove ti porta il cuore") e all'attrice Claudia Koll, sarà senza la benedizione della gola. La cerimonia ricorda un miracolo del Santo arrivato dalla lontana lontana Armenia. Le limitazioni sono imposte dalle norme imposte dal Governo per il Coronavirus. Pertanto quest'anno niente monaco benedettino che impartiva la benedizione. «Ci dobbiamo adeguare - dice Suor Vilma responsabile dell’eremo – comunque la chiesa resterà aperta e le personei potranno venire lo stesso nel grande spazio che ci circonda». Il 3 febbraio a Subiaco con la ricorrenza di San Biagio è un giorno di festa, soprattutto per i più giovani, con la visita all’eremo in montagna e l’appuntamento religioso.

In genere si organizza un grande barbecue all’aperto. «Festa e benedizione si svolsero sempre – racconta Paolo Capitani, storico locale – anzi l’eremo accolse molti sublacensi che si rifugiavano in montagna per sfuggire dai pesanti bombardamenti degli alleati che distrussero gran parte della cittadina». L’antico cenobio fatto erigere dall’abate Giovanni nel 1110 e restaurato completamente nel 1772, con all'interno un affresco di Bartolomeo Postiglione, raffigurante San Biagio e San Romano, si trova sul Monte Taleo, poco distante dal Sacro Speco benedettino. In questo monastero San Benedetto si ritirò in preghiera per tre anni e dettò ai discepoli la sua regola “Ora et Labora”. «Noi comunque ci saremo – dice Suor Vilma - e preghiamo sempre perché finisca questa pandemia, che è diventata un’emergenza sociale, oltre che sanitaria».

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