Coronavirus a Roma, vie deserte, Trevi sbarrata: la Grande Bellezza resta sola

Coronavirus a Roma, vie deserte, Trevi sbarrata: la Grande Bellezza resta sola
di Lorenzo De Cicco
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Mercoledì 11 Marzo 2020, 00:29 - Ultimo aggiornamento: 12:05

Si tengono la mano solo gli innamorati, in questa strana Roma ai tempi del Coronavirus. Gli altri - perlopiù bardati di mascherine o coi guanti in nitrile infilati fino al polso - disegnano strane traiettorie per non incrociarsi,sulle strade svuotate o sui marciapiedi mai così sgombri. Si allargano i giri nel segno del «distanziamento interpersonale» che raccomandano gli esperti, per schivare lo spettro del contagio. Si pazienta in coda fuori dalla farmacia, o alle poste, o al supermarket, senza nemmeno uno sbuffo, stavolta. Si è tutti un po’più gentili, con circospezione, mentre ci si guarda e si attende: «Prego tocca a lei», «ma no, si figuri», tutti staccati a un metro o più, nessuna prevaricazione da shopping, della serie «c’ero prima io». Tanto lo spazio non manca: la Capitale, nel primo giorno da “zona protetta”, si sveglia come in un ferragosto atipico, le vie semi-deserte, ma senza feste e anzi, con un senso di inquietudine.

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Pure i turisti, al contrario dell’estate, scarseggiano. Tanto che spariscono addirittura gli abusivi abituati a smerciare paccottiglie intorno ai monumenti. Nei paraggi del Colosseo, nemmeno un centurione solitario. Solo qualche chitarrista di dubbio talento. Il colonnato di San Pietro, vuoto. I “salta-fila” illegali per i Musei vaticani? Zero. Davanti a Fontana di Trevi, sciama qualche decina di stranieri appena, mentre di solito ci si accalca a bordo vasca con i vigili che si scapicollano da un capo all’altro dei marmi col fischietto in bocca, per evitare indecorose scalate sul monumento. Ieri, invece, niente. E sembra subito avere poco senso, nel pomeriggio, la notizia di una «chiusura» della vasca, messa in atto dai pizzardoni con tanto di (poco artistica) barriera pieghevole da cantiere stradale. C’è poco o nulla da «contingentare», in questo caso. Difatti, già a sera lo steccato di plastica viene scostato e si passa di nuovo accanto al gioiello del Barocco.

NIENTE INGORGHI
Nel day 1 dell’isolamento romano, non resta traccia della Capitale degli ingorghi. Eravamo secondi al mondo per traffico dopo Bogotà? Ieri con le restrizioni del governo e gli appelli #iorestoacasa, sulle consolari si scorreva come capita solo all’alba. Un Lungotevere surreale, all’ora di punta tra le 6 e le 7 di sera, accoglieva i pochi veicoli sfreccianti. Il Centro storico - dove ora il Comune riaprirà le Ztl - sembra più vuoto delle periferie, dove qualche auto in più c’è. Ma il colpo d’occhio impressiona un po’ ovunque. I bus, coi sedili sempre liberi, addirittura puntuali senza gli imbottigliamenti. Colpisce la sequenza tetra delle vetrine spente o delle saracinesche tirate giù. Quasi 4 negozi su 10 ieri non hanno proprio aperto, raccontano da Confesercenti. «Altri ci hanno provato, per qualche ora - dice il presidente Valter Giammaria - ma il 50% ha chiuso nel primo pomeriggio. Dopo le 18, quando scattava la chiusura di bar e ristoranti, sarà rimasta alzata meno di una saracinesca su 10, a dire tanto». Prima, all’ora di colazione o a pranzo, qualche tavolino fuori dai locali ancora resisteva, per i pochi clienti di passaggio.

A Ponte Milvio addirittura si trovava parcheggio. Sparita la movida chiassosa e irresponsabile vista fino all’altro giorno, con le comitive stipate sui tavolini che se ne infischiavano dell’allerta virus. E dei pericoli. Già prima delle 18, hanno chiuso quasi tutti i locali. Altri esponevano un cartello: «Riapriamo a metà aprile». Anche Trastevere, altro rione dello sballo by night, mostrava una faccia diversa, insolitamente taciturna. E pure qui, dalle 6 di sera, si sparecchiava, tutti via. Con le palestre chiuse per decreto, ci si allena correndo accanto al Tevere. Jogging sempre a distanza. A volte, in mascherina. «Si suda di più, ma è meglio», raccontano due amiche mentre saettano su una ciclabile sgangherata. Restano aperti i supermercati e gli alimentari, quelli sì, come al solito. Al Lidl della Magliana c’è una guardia giurata all’ingresso. Per fortuna non si notano altri assalti agli scaffali, come lunedì notte. Le file, anche lunghe, invece sì. Uguali a quelle che si srotolano sui marciapiedi davanti alle Poste. All’ufficio accanto alla piramide Cestia, la coda saràdi cento metri. Pure fuori dai negozi spuntano i cartelli «si entra 2 per volta». O 3 per volta, a seconda degli spazi. E tanti medici della mutua non accettano più visite, se non si è gravi: chi vuole una ricetta, chiama e ritira le pillole in farmacia. Si aspetta un po’ tutti che passi la “nottata” del Covid. E tanti, scrollando le spalle, nelle chiacchiere debitamente distanziate, lo dicono: «Passerà».

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