Coronavirus Roma, Donato Greco: «Temo una diffusione alta, l'unica difesa è restare a casa»

Coronavirus Roma, Donato Greco: «Temo una diffusione alta, l'unica difesa è restare a casa»
di Fabio Rossi
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Mercoledì 18 Marzo 2020, 09:58 - Ultimo aggiornamento: 10:45

Donato Greco, epidemiologo, per anni alla guida della direzione generale della prevenzione sanitaria del ministero della Salute e oggi consulente di enti internazionali tra cui Agenzia europea per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc).

Ci dobbiamo attendere un'impennata dei contagi di Coronavirus a Roma, nei prossimi giorni, dopo quello che sta succedendo in Lombardia?
«Questo virus ha un suo percorso naturale, che nessuno può bloccare: continuerà ad andare per la sua strada, in un modo o nell'altro. Per fortuna le misure di contenimento stanno riducendo le possibilità di incontro tra un infetto e altre persone suscettibili di ammalarsi, come è già successo in Cina e in Corea».

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È pensabile che il contagio si arresti in tempi brevi?
«Questo non significa che il virus si fermerà. A differenza di quanto è successo in Lombardia, Veneto ed Emilia-Romagna, dove c'è stata un'espansione a macchia d'olio, nel Lazio e nell'Italia meridionale l'incremento è ancora limitato. Tanto è vero che in una città di tre milioni di abitanti, come Roma, siamo ancora nell'ordine delle centinaia di casi positivi accertati».

A Roma, secondo lei, non si toccheranno i livelli di diffusione che stanno così duramente colpendo le regioni del Nord?
«Arriveremo sicuramente anche qui alle migliaia di casi, ma questa diffusione più lenta del virus ci fa ben sperare che nel frattempo ci sia un impatto positivo delle misure di contenimento».

Quindi, cosa succederà nella Capitale?
«L'epidemia continuerà a propagarsi nel prossimo mese, visto anche quello che ci insegnano le recenti esperienze. Ma senza le dimensioni disastrose che stiamo vedendo in Lombardia».

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Le misure adottate dal Governo erano necessarie? E sono sufficienti?
«Purtroppo non sono misure che bloccano il virus, ma lo contengono e ne mitigano l'impatto. Peraltro, non abbiamo nemmeno una forte documentazione scientifica sulla loro efficacia, a fronte di un costo economico e sociale molto elevato».

Cosa si dovrebbe fare, allora, per ottenere risultati tangibili?
«Purtroppo non ci sono alternative a queste misure. Dallo stop alla circolazione delle persone all'isolamento domiciliare, fino alle altre limitazioni decise: sono disposizioni che tendono a mitigare l'epidemia».

Quanto sono importanti, dunque, gli sforzi dei cittadini per restare a casa?
«Una cosa va ricordata e tenuta ben presente. Se per le misure sociali, come la chiusura delle scuole o dei negozi, l'impatto è molto discutibile, sull'efficacia di quelle individuali abbiamo prove scientifiche fortissime: l'isolamento domiciliare è una delle migliori precauzioni che si possano adottare per evitare di contagiarsi».

L'innalzamento delle temperature indebolirà il virus?
«Non ne sono convinto: tanti virus sono nati in Paesi caldi e anche questo si sta espandendo in aree in cui le temperature sono già piuttosto alte».

Quindi è inutile sperare in una tregua estiva?
«Non si può escludere, ma non abbiamo motivi per esserne sicuri. Come ha detto Boris Johnson, tristemente e cinicamente, dobbiamo attendere che il virus faccia il suo percorso nella popolazione, fino a quando ci sarà un robusto numero di persone che avrà sviluppato gli anticorpi».
 

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