Coronavirus Roma, marito e moglie morti a due settimane di distanza. Il figlio: «Mia madre era in attesa del tampone»

Coronavirus, «mia madre morta di Covid in attesa di fare il tampone»
di Michela Allegri
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Mercoledì 15 Luglio 2020, 00:55 - Ultimo aggiornamento: 12:36

Si erano trasferiti a Roma dall’Umbria giovani giovani, appena sposati, e ci sono rimasti per tutta la vita. Una coppia sorridente e affiatata, che è stata divisa negli ultimi giorni solo dal maledetto Coronavirus. E di Covid, Rufino Riganelli, 88 anni, e Lina Moscatelli, 77 anni, sono morti entrambi, a due settimane di distanza l’uno dall’altra. «Per farli ricoverare abbiamo dovuto combattere - racconta il figlio Carlo Riganelli, 55 anni - il primo ad ammalarsi è stato papà, se ne è andato in pochi giorni. E mamma, che lo accudiva, si è contagiata. Non le hanno nemmeno fatto un tampone. La cosa più assurda è che la Asl ci ha telefonato per sapere come stava quando era già morta».

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Rufino, autista dell’Atac in pensione e grande pasticcere, ma solo per gli amici, è stato il primo a contagiarsi. «Era pieno di vita, aveva appena rinnovato la patente, ma quel virus l’ha colpito in modo feroce - continua il figlio Carlo - A fine marzo ha cominciato ad avere la febbre». All’inizio il medico di famiglia pensava fosse un’infiammazione, ma visto che la situazione non accennava a migliorare ha deciso di chiedere il ricovero in ospedale. Il signor Rufino è arrivato al Vannini il 2 aprile. Lì gli hanno fatto il tampone: positivo. L’11 aprile è morto. «E pensare che per farlo ricoverare abbiamo dovuto pure insistere e arrabbiarci - ricorda ancora il figlio - Quando è venuta l’ambulanza a prenderlo gli avevamo appena dato una tachipirina, quindi la febbre era scesa sotto i 37 gradi. L’operatore sanitario mi ha quasi insultato, ha cominciato a dire che se non aveva almeno 37,5 non potevano prenderlo in carico. Quando abbiamo insistito e ha dovuto indossare la tuta anti-contagio si è lamentato accusandoci di fare sprecare soldi alla sanità pubblica e di stare togliendo un mezzo di soccorso a chi era davvero malato».

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Ora Carlo Riganelli ha deciso di denunciare tutto quanto in procura, «non tanto per quello che è successo a mio padre, ma perché mia madre è stata praticamente abbandonata a se stessa». L’esposto è stato depositato nei giorni scorsi a Bergamo, perché Riganelli fa parte del “Comitato Noi Denunceremo”, al quale hanno aderito i familiari di centinaia di vittime del virus, non solo al Nord, ma in tutta l’Italia. Se l’inchiesta sul decesso dei coniugi Riganelli proseguirà verrà sicuramente trasferita alla procura capitolina per competenza, visto che i fatti sono tutti romani.

Dopo il ricovero del signor Rufino, la moglie ha tentato, senza successo, di effettuare a sua volta il tampone. «Era chiaro che si sarebbe ammalata anche lei - aggiunge il figlio - hanno temporeggiato, nonostante decine di segnalazioni fatte alla Asl nessuno ha mosso un dito». La situazione non si sarebbe sbloccata nemmeno il 6 aprile, quando anche Lina ha iniziato ad avere i sintomi da Covid: «Noi eravamo tutti in quarantena in case diverse, mamma ha vissuto in totale solitudine, non la hanno ricoverata nemmeno dopo la segnalazione fatta dal nostro medico. La Asl Roma 2 non si è fatta viva. Siamo riusciti a fare ricoverare mamma per un peggioramento solo il 14 aprile, è stata per 12 giorni a casa senza tutele. Il 28 aprile è morta. Almeno siamo riusciti a vederla con una videochiamata prima che ci lasciasse». Riganelli racconta di avere vissuto «una sensazione di totale abbandono, nessuno ci ha chiamati dalla Asl, nessuno ha cercato di capire se stessimo bene, nessuno ci ha contattati per fare il tampone. Abbiamo fatto a nostre spese il test sierologico. Quando telefonavo al numero verde dicendo che ero stato in stretto contatto con due persone decedute per il virus mi rispondevano: Non ha sintomi, non la chiamerà nessuno».

Ma la cosa più assurda doveva ancora succedere: il 28 maggio, un mese esatto dopo la morte della signora Lina, i suoi figli hanno ricevuto una telefonata dalla Asl: «Hanno chiesto informazioni su nostra madre, volevano sapere come stava, se aveva ancora la febbre e i sintomi del Coronavirus, forse si trattava di una verifica statistica - racconta Riganelli - quando abbiamo fatto presente che mamma era morta ci hanno risposto: “Ci dispiace, la pratica è arrivata solo adesso nel nostro ufficio”. A loro risultava che mia madre fosse ancora in quarantena». La Asl Roma 2 per il momento ha deciso di non replicare, in attesa delle eventuali decisioni della Procura.
 

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