Coronavirus a Roma, anziani morti al Prenestino: un'altra Rsa sotto inchiesta

Coronavirus, anziani morti al Prenestino: un'altra Rsa sotto inchiesta
di Giuseppe Scarpa
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Sabato 4 Luglio 2020, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 5 Luglio, 07:52
Si allunga la lista delle case di cura, di riposo, Rsa e cliniche private finite sotto la lente di ingrandimento della procura di Roma per morti sospette legate al Coronavirus. Dopo il San Raffaele, la Giovanni XXIII e Villa Fulvia, adesso i pubblici ministeri hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo per la Rsa Longoni. L’inchiesta è a carico di ignoti.

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Gli inquirenti dovranno appurare i decessi avvenuti nella clinica che si trova nella periferia a est della Capitale, Colle Prenestino. La risposta che gli investigatori, gli specialisti del Nas dei carabinieri, dovranno fornire alla procura è semplice: queste morti si potevano evitare? Non è infatti da escludere che diversi decessi collegati al Coronavirus si sarebbero in ogni caso verificati, nonostante l’applicazione dei protocolli sanitari. Questo solleverebbe la Longoni da ogni responsabilità.

I CONTROLLI
Ecco perché l’indagine dovrà mettere a fuoco le due procedure seguite all’interno della Rsa per evitare che il virus potesse entrare e poi propagarsi. 

Si tratta di due fasi ben distinte disciplinate da un serie di regole, il cui rispetto, teoricamente, dovrebbe impedire la diffusione del virus. 

Perciò i militari del nucleo antisofisticazione, dovranno lavorare su un doppio binario. Da una parte, si deve scoprire come Sars-CoV-2 sia entrato all’interno della struttura, per esempio se sia stato portato da un paziente trasferito da un’altra clinica ed erroneamente risultato negativo al tampone. E poi appurare come il Covid-19 si sia diffuso in corsia. Anche in questo caso andrebbero rispettate delle procedure tali da scongiurarne la propagazione. Dovrebbero esserci percorsi protetti, utilizzo meticoloso dei dispositivi di protezione, il personale non dovrebbe spostarsi da un reparto all’altro.

LE VERIFICHE 
Anche il sistema usato per fare i tamponi sui sanitari e sui ricoverati, gestito direttamente dalla struttura, sarà oggetto di verifica da parte degli inquirenti. 

Se un paziente viene trasferito da un’altra clinica, il tampone viene eseguito all’origine, ma poi la responsabilità di un corretto rispetto delle procedure si sposta all’interno della clinica. Insomma gli investigatori stanno esaminando sia le gestione degli ingressi, sia quella più prettamente interna. Sono state rispettate le regole di controllo pazienti e personale per evitare che un positivo entrasse dentro la struttura? Questa è la prima domanda a cui cercano di dare risposta. Secondo fronte: i protocolli interni per evitare che il virus fosse trasmesso da una persona ad un’altra, sono stati applicati? Alla fine i Nas dovranno depositare una dettagliata informativa sulla scrivania dell’aggiunto Nunzia D’Elia e del pm Gianfederica Dito.
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