Coronavirs Roma, Michela Giraud: «Tevere e Frecce Tricolori. Delle Vittorie riparte così»

Piazza Bainsizza, roma
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Mercoledì 29 Aprile 2020, 10:43

Ma è legale stare a Prati di Domenica? Cioè non viene la Protezione Civile a salvarvi? I caschi blu? Che ne so», mi sfotteva così su whatsapp un mio amico nel 2018. «Te piacerebbe sta a Delle Vittorie» rispondevo fintamente piccata a lui che vive a Ostia, anche se non sapevo che a distanza di due anni, in una pandemia in cui non avremmo potuto vedere nemmeno i nostri genitori, lo avrei molto invidiato, quanto meno per le passeggiate in riva al mare.

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Ma del resto chi avrebbe potuto immaginare una cosa del genere? Chi avrebbe potuto immaginare di non vedere per quasi due mesi i propri familiari e rinunciare a quel calore tipico dei propri genitori al grido di «sei un fallito», o «non ho capito se hai deciso cosa fare della tua vita, hai quarant’anni Amilcare».
In questo periodo si sente molto il peso della solitudine, ma qui in zona delle Vittorie ci siamo abituati. È vero, per molti il quartiere più piemontese di Roma, dalle larghe vie alberate e dai palazzi ottocenteschi, nel weekend si desertifica. Durante la settimana, la zona tra piazza Mazzini e il Tevere è teatro della Roma degli studi legali, di chi lavora nel mondo della spettacolo, un via vai di gonne, tacchi, giacche e cravatte “per guardare e farsi guardare”. Da quando è iniziato il lockdown, le grandi strade soleggiate sembrano aver ripreso il “grande sonno” che avvolge il quartiere dal venerdì pomeriggio al lunedì mattina. Eccezion fatta per un proliferare di volanti della polizia.

Già. Perché io un giorno camminando da casa mia al ponte della Musica di volanti ne ho contate otto. Non so qual è il dispiegamento delle forze di polizia nella città di Roma ma, nel mese di marzo, e i primi giorni di aprile, in zona delle Vittorie sembrava stessero cercando il nipote di Pablo Escobar.
Una volta stavo comprando il giornale in piazza Bainsizza, un carabiniere mi seguiva con la coda dell’occhio perché stavo sfogliando il giornale in mezzo alla strada. Dall’ansia sono entrata in un ferramenta e ho comprato una brugola.

E io non so cos’è una brugola, non so nemmeno se è buona al sugo. Progressivamente la tensione è salita sempre di più, nei pressi del mercato delle Vittorie sono stata fermata da carabinieri in borghese che, pochi giorni dopo il primo dei quaranta decreti Conte, mi hanno detto che «stavo disattendendo le norme legislative». Ho risposto solamente «senta io ho fame». Resisi conto del disagio estremo in cui la mia persona verteva hanno fatto dietrofront con la delusione di chi cercava di incastrare il capo della Banda della Magliana ma si è trovato davanti solo Pippo. Ci sono rimasta molto male. Loro stavano facendo il loro lavoro, io sinceramente, avrei chiacchierato un altro po’.

Dentro casa pian piano l’insofferenza per la mia solitudine si è fatta sempre più acuta: il mio vicino stalker poi ha passato ogni limite. Dopo giorni in cui mi fissava dal palazzo di fronte mi sono decisa a fare capannello con le mani sul vetro della mia finestra per vedere finalmente chi fosse. Era un quadro.
A tirarmi fuori dal mio isolamento è stato proprio il mio quartiere.

Nei palazzi che danno sul lungotevere della Vittoria non si molla mai. Tutti i giorni a mezzogiorno e alle sei di sera, le bandiere italiane si sventolano fiere al ritmo del ballo del qua qua e alla playlist spotify della “Resistenza 2020”. Pino, sessant’anni, mi piace pensare si chiami così, tutti i giorni si mette elegante in camicia, cravatta e cardigan ondeggiando elegantemente dietro i suoi baffi e gli occhiali da sole sul ritmo di Claudio Baglioni; due balconi a sinistra Monica con la permanente rosso fuoco canta a squarciagola stonando completamente. Ogni giorno, tutti i giorni due volte al giorno, non hanno mai smesso di vestirsi, di lavarsi, di cantare sancendo quei due appuntamenti di realtà che sono diventati un punto fisso anche nei giorni più malinconici.

Ma la vera perla è il Tevere. Il fiume, con l’arrivo della Primavera ha fatto la parte del Leone, l’ora più bella è quella che va dalle 19 alle 20, mentre il cielo terso che volge all’estate inizia a tingersi di rosa si riverbera nelle acque e negli occhi, quell’ora dove l’aria si fa più rarefatta e il vento sale, quando si passeggia basta tirare indietro il collo per inalare un pezzo di Roma. Io lo chiamo così, “il pezzo di Roma”.
E proprio il Tevere è stato uno degli sfondi dei momenti più belli di questo lockdown: il 25 Aprile sono scesa per strada a vedere le frecce tricolori, che hanno danzato nel cielo sino a incoronare idealmente San Pietro. Entusiasta mi sono voltata verso le uniche persone vicine: i carabinieri. «È bello vero? Volete vedere la mia autocertificazione?». «Vabbè», mi hanno detto assecondandomi. 
Ormai sono io che gliela do di proposito.

Chissà se quando tutto questo sarà finito, non sarò io a cercarli ancora.

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