Coronavirus, il regalo del manager ex detenuto: «Mascherine per Regina Coeli»

Era stato fermato a Fiumicino con un mandato d'arresto europeo, ora ha patteggiato negli Usa
di MIchela Allegri
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Martedì 21 Aprile 2020, 11:16

Coronavirus Ha pensato agli altri detenuti. Ha regalato duemila mascherine al carcere di Regina Coeli dove anche lui è stato, quando era detenuto. Era passato da una vita extra-lusso, fatta di cene nei ristoranti stellati e vacanze trascorse nelle suite degli alberghi più famosi del mondo, alle celle condivise di Regina Coeli. Quando aveva saputo di dovere trascorrere alcune notti dietro le sbarre pensava che sarebbe impazzito. Invece, un ricco imprenditore inglese, che due anni fa era stato fermato alle porte di Roma, all'aeroporto di Fiumicino in esecuzione di un mandato d'arresto europeo emesso dal Regno Unito, in prigione aveva trovato appoggio e comprensione.

Per questo motivo, a distanza di tempo, ha deciso di sdebitarsi. Quando ha saputo della difficile situazione italiana, con il Paese travolto dall'emergenza Coronavirus, ha scoperto che nelle carceri i detenuti erano in protesta per la scarsità di dispositivi di protezione individuali e per il rischio contagio a causa degli spazi ristretti. Quindi, assistito dall'avvocato Flavio Cioccarelli, che lo aveva seguito anche nelle udienze di estradizione dall'Italia, ha deciso di fare la sua parte: ha raccolto mascherine chirurgiche e gel disinfettanti e li ha spediti all'istituto penitenziario.

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Duemila dispositivi e circa quattrocento flaconi da mettere a disposizione dei detenuti e delle guardie carcerarie: il massimo che è riuscito a reperire in poco tempo e in un momento di emergenza. Era l'aprile del 2018 quando S. A., 48 anni, ricco imprenditore inglese di origine iraniana, era stato ammanettato all'aeroporto di Fiumicino. Roma era solo una breve tappa del suo viaggio: era diretto negli Stati Uniti per un incontro d'affari. Non sapeva di avere le spalle appesantite da un mandato d'arresto europeo con contestazioni pesantissime: corruzione internazionale legata all'aggiudicazione di appalti milionari. Il quarantottenne, businessman proveniente da una famiglia facoltosa, che gestisce anche due importanti fondazioni benefiche, era così finito in carcere. Spaventato e sconvolto, era stato portato a Regina Coeli. Per due giorni, aveva diviso la cella con altri detenuti. Ed era rimasto colpito dall'umanità e dal sostegno ricevuto all'interno del carcere. «Si ricorda ancora della solidarietà dimostrata nei suoi confronti sia dagli altri detenuti che dagli agenti penitenziari - ha raccontato l'avvocato Cioccarelli - quindi oggi ha deciso di aiutarli a sua volta».

S. A. non era rimasto a lungo in prigione, ma quei pochi giorni gli avevano cambiato la vita. A 48 ore di distanza dall'ingresso nell'istituto penitenziario gli erano stati concessi i domiciliari a Roma. Poi, la richiesta di estradizione partita dall'Inghilterra era stata rigettata dai giudici e lui era tornato in libertà. Si è trasferito a Monaco, mentre il processo a suo carico si è spostato negli Stati Uniti, dove ha patteggiato.

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