Coronavirus nel Lazio, Alessio D’Amato: «Siamo pronti anche con 1.500 contagi»

Coronavirus nel Lazio, Alessio D’Amato: «Siamo pronti anche con 1.500 contagi»
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 7 Marzo 2020, 02:07 - Ultimo aggiornamento: 14:30

«Ci stiamo attrezzando. Il coronavirus potrebbe avere un’evoluzione importante e il Lazio è pronto. Anche se si arrivasse a 1.500 casi nei prossimi giorni. È uno scenario che ovviamente speriamo rimanga lontano, ma ci stiamo preparando per essere all’altezza di ogni sviluppo: saremo la Regione con più posti di terapia intensiva d’Italia per il Covid-19».

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Alessio D’Amato, classe ‘68, assessore alla Sanità del Lazio nella giunta Zingaretti, ha appena stilato l’ultimo bollettino regionale. Casi di coronavirus accertati: 54, 10 in più dell’altro ieri. Il Lazio è lontanissimo dalle cifre di Lombardia e Veneto. Ma la Pisana si tiene pronta nel caso in cui la situazione peggiori. «Abbiamo appena sbloccato l’assunzione di 474 operatori, 270 sono infermieri. Tra qualche giorno saranno in corsia, tocca solo aspettare i tempi burocratici».

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Assessore, partiamo proprio da qui, dalla situazione di sofferenza che vivono tanti ospedali, a Roma e non solo. Per ogni caso, anche solo sospetto, di Covid-19 scatta la quarantena per il personale che ha avuto contatti col paziente. Come si può intervenire? 
«Cambiando le regole dell’isolamento: abbiamo deciso che per il personale che non mostra sintomi si attiverà una modalità di monitoraggio continuo, consentendo però il rientro in servizio. Da un lato non possiamo sguarnire i reparti, dall’altro medici e infermieri saranno comunque sottoposti a check periodici. Mettere ogni volta in quarantena il personale sanitario, in una regione che viene da una lunga stagione di commissariamento, sarebbe un problema. Poi sono fondamentali le assunzioni».




Alessio D'Amato

L’annuncio è di ieri, ma che tempi ci sono per vedere i nuovi camici bianchi in servizio?
«Stiamo sfruttando procedure ultra-rapide, sarà questione di una settimana. Ci saranno 150 posti letto in più, abbiamo raddoppiato quelli dell’istituto Spallanzani, baluardo insostituibile per Roma e per il Paese. Avremo un secondo Covid-hospital al Columbus Gemelli. Con questa operazione, saremo la Regione d’Italia con il più alto numero di posti in terapia intensiva per il coronavirus».

La Lombardia, con l’assessore al Welfare Gallera, ha parlato del rischio di 10mila casi nella regione entro pochi giorni. Nel Lazio quanti ne prevedete?
«È possibile che si arrivi a circa 1.500 contagi, anche per questo abbiamo previsto 150 posti letto in terapia intensiva. Si è visto che per il coronavirus, il 10% dei pazienti ha bisogno di cure in questo tipo di reparti. Ci muoviamo pensando a tutti gli scenari possibili, compresi i peggiori. I 1.500 casi sono uno scenario ipotetico, speriamo lontano, ma ci dobbiamo far trovare pronti. Da qui alla prossima settimana ci stiamo preparando a un’evoluzione importante della malattia».

Il nostro sistema sanitario corre rischi con l’espansione del contagio? 
«In questa fase sta reggendo. Molto dipenderà da come si comporteranno i cittadini nelle prossime settimane. Invito tutti a evitare contatti sociali non indispensabili e i luoghi di aggregazione. Un piccolo sacrificio in questa fase serve».

Il primo morto a Roma è una donna ricoverata al San Giovanni da più di un mese. Come è stata contagiata?
«Abbiamo avviato un’indagine per capire cosa sia successo. La paziente era lì da 4 settimane. Probabilmente il contagio è avvenuto in ospedale. Non credo da medici e infermieri, tutti asintomatici e ora sottoposti al tampone. L’ipotesi più probabile è che sia stata una visita o un agente esterno che ancora non abbiamo individuato».

A Pomezia state facendo 400 interviste a chi ha avuto contatti con 2 contagiati. C’è il rischio di un focolaio? 
«No, in tutti i casi accertati nel Lazio abbiamo verificato contatti con Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. A Pomezia uno dei due positivi ha un ristorante, ma per fortuna è in buone condizioni. In ogni caso, è fondamentale la collaborazione con le Asl, cosa che non sempre sta avvenendo».

Chi è che non aiuta i medici?
«A Fondi, per esempio, stiamo avendo difficoltà. C’è stata una festa di carnevale che ha coinvolto decine di persone e questo ha contribuito al diffondersi del contagio. C’erano anche persone del Nord. Al momento lì abbiamo 6 casi. Purtroppo i dipendenti delle Asl non hanno trovato grande collaborazione, questo rallenta molto la possibilità di individuare tutti i contatti».

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