Coronavirus, Roma entro aprile a contagio zero. D'Amato: «Vaccino contro l'influenza imposto agli over 65»

Roma entro aprile a contagio zero» La mappa del Lazio
di Mauro Evangelisti
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Lunedì 6 Aprile 2020, 01:37 - Ultimo aggiornamento: 17:04

«Il vaccino anti influenzale sarà obbligatorio per tutti gli ultra 65enni di Roma e del Lazio. Ma anche per gli operatori sanitari, per le forze di polizia, per chi lavora nel trasporto pubblico. Vogliamo raggiungere almeno 2,5 milioni di persone, il doppio di quanto avvenuto l’anno scorso».

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Cosa c’entra con Covid-19?
«Provate a immaginare cosa succederà in autunno, con la seconda ondata dell’epidemia del coronavirus e in parallelo la diffusione, come ogni anno, dell’influenza. Non ce lo possiamo permettere: dovremo essere certi che una fetta di popolazione importante sarà stata vaccinata per l’influenza così quando sorgeranno determinati sintomi i medici sapranno che sono legati a Covid-19».

Alessio D’Amato è l’assessore del Lazio alla Sanità e guida l’unità di crisi per il coronavirus, anche grazie al punto di forza romano di un centro di eccellenza come l’Istituto Spallanzani, che ieri per la prima volta ha potuto annunciare che il numero dei dimessi è più alto di quello dei ricoverati. La città di Roma ieri ha contato 36 nuovi positivi.
 



Il temuto tsunami come quello lombardo per ora non c’è stato.
«Il rallentamento è collegato alle misure di contenimento. I positivi che troviamo oggi in media sono stati contagiati 14 giorni fa. Nel Lazio, secondo i nostri esperti, l’R, vale a dire l’indicatore della velocità del contagio, è già sotto l’1. Siamo convinti che a Roma, in particolare, arriverà vicino allo zero a fine mese. Ma a una condizione».

Quale?
«Non devono esserci comportamenti irresponsabili nei prossimi giorni. Sono molto preoccupato per Pasqua e Pasquetta, ci sarà chi avrà la tentazione di uscire. Sarebbe deleterio, sarebbe come tornare alla casella del via, può disperdere i risultati ottenuti. Fino a quando non ci sarà un vaccino per il coronavirus dovremo mantenere forme di prevenzione dell’epidemia».
 
 

Lo Spallanzani sta lavorando sul vaccino?
«Fa parte di un network internazionale, insieme a istituzioni di primo piano svedesi, americane, cinesi. Entro maggio-giugno inizierà la sperimentazione».

Perché lei pensa che in autunno, quando ovviamente non esisterà ancora un vaccino contro il coronavirus, dovremo raddoppiare quelli anti influenzali?
«Non ci potremo permettere sovrapposizioni. Se nello stesso periodo dovessimo avere nei pronto soccorso pazienti con sintomi da Covid-19 e altri con sintomi da influenza stagionale, il sistema non reggerebbe. Per questo dobbiamo partire ora con l’acquisto dei vaccini anti influenzali: l’anno scorso ne abbiamo fatti 1,2 milioni, in autunno ne servono almeno 2,5 milioni. E penso che la linea del Lazio sarà seguita anche dall’Italia».

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Perché non siete riusciti a fermare l’epidemia nelle residenze per anziani e nelle case di riposo?
«Questo è un problema serio. Stiamo attivando 500 posti di residenze per anziani in strutture riservate esclusivamente a chi è positivo a Covid-19. Ma il sistema delle case di riposo, che oggi sono sotto la sorveglianza dei Comuni, dovrà cambiare, devono diventare istituzioni sanitarie a tutti gli effetti. Non è possibile che esistano case di riposo con 80 ospiti e un infermiere. Dovranno avere un direttore sanitario e personale medico».

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I Covid hospital saranno riconvertiti?
«Decisamente no. Devono restare, perché sarà una battaglia ancora lunga. Prima di questa emergenza avevamo 569 posti di terapia intensiva, ne abbiamo attivati altri 400. Oggi quelli di terapia intensiva riservati esclusivamente a Covid-19 sono circa 500, il tasso di occupazione è attorno al 50 per cento. Per questo abbiamo accettato di ospitare, ogni giorno, un paziente di altre regioni che necessita di ricovero in terapia intensiva. Ma il futuro, fino a quando non ci sarà un vaccino, ci chiederà di avere sempre pronta una risposta in termini di strutture sanitarie. Dovremo potenziare le indagini epidemiologiche che nel Lazio hanno funzionato bene ogni qual volta emergeranno casi positivi, isolando i contatti e creando zone rosse quando servirà come abbiamo fatto a Fondi, Nerola e Contigliano».

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Voi state effettuando test sierologici in città come Nerola e su categorie di persone come gli operatori sanitari. Ma non rischiate di entrare in conflitto con la campagna nazionale di test sugli anticorpi che partirà a inizio maggio?
«No, c’è un continuo rapporto di confronto e collaborazione con il Comitato tecnico scientifico del ministero della Salute. Ovviamente non potremo fare il test a tutti i cittadini del Lazio, ma vogliamo verificare in alcune categorie quale sia stato il livello di diffusione del coronavirus: penso a operatori sanitari, case di riposo, chi lavora nel trasporto pubblico o ad esempio nei supermercati».
 

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