«Di Maio faceva prima a chiamarlo terzo mandato – commenta Carlo Chiossi, salendo a Palazzo Senatorio – la verità è che noi attivisti non siamo preparati quando veniamo eletti e quindi se io, ma soprattutto altri colleghi qui da più tempo, facciamo un passo indietro, ci si troverà sempre con un Movimento che, a livello locale, prima di fare deve studiare perché gli eletti non sanno». Quindi è un modo per evitare di avere perennemente una classe governativa di impreparati? «È un modo – conclude Chiossi – di convincere quelli che ci sono, e sono alla loro prima esperienza, a non lasciare il posto ad altri che non sanno fare e che rischierebbero di lasciare il Movimento così». Impaludato. Poi ci sono anche i più intransigenti, i “duri e puri” della prima ora, come Pietro Calabrese che tuona: «Io voterò “no”, (non sarà l’unico). La regola dei due mandati era un caposaldo del Movimento e non doveva essere messa in discussione». Ma il gioco della politica certi scherzi li fa: le carte in tavola cambiano quando la partita è già iniziata.
In un clima, poi, che – almeno su Roma – non è dei più sereni. Proprio nella maggioranza cinquestelle, che già ha avuto diverse “defezioni”, ne potrebbero arrivare delle altre. Dopo le dimissioni di Cristina Grancio, almeno altre due consigliere – Monica Montella e Gemma Guerrini – che non nascondono le critiche al “modus operandi” della giunta Raggi potrebbero decidere di fare un passo indietro. Caso a sé quello del consigliere Enrico Stefàno che in un’intervista a Il Messaggero, dopo le dimissioni da presidente vicario dell’Aula, non nascose valutazioni sprezzanti sulla maggioranza. Non è detto che arrivi a chiudere il suo secondo mandato.
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