Ostia, nuovo colpo al clan Spada: sequestrata villa del boss

Uomini della Finanza davanti la villa di Romoletto Spada
di Mirko Polisano
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Martedì 14 Maggio 2019, 10:52

Sigilli alla villa degli Spada. Blitz ieri mattina dei baschi verdi di Ostia e degli uomini del Gico nel palazzetto del boss Carmine detto Romoletto. Gli uomini della guardia di finanza hanno fatto irruzione nella sfarzosa villa di via della Santabarbara, simbolo del potere degli Spada a Ostia. Fuori statue di leoni, cavalli e antichi romani a voler dimostrare forza e predominio, dentro i militari che hanno applicato l'ordinanza del Tribunale scattata all'indomani dell'arresto di Romoletto. L'immobile posto sotto sequestro è stato sgomberato dagli occupanti. Tra questi, la compagna del boss che fino a ieri ancora viveva nella villa di famiglia.

I DETTAGLI
Cambiate le serrature, l'abitazione è ora a disposizione dell'autorità giudiziaria. All'interno, gli arredi nell'inconfondibile stile kitsch con specchi dorati e bagni in ceramica. L'operazione di ieri ha dato un altro duro colpo al clan che continua a perdere pezzi, seppur simbolici e legati all'immagine. Villa Spada, il cui colore rosso porpora la rende riconoscibile a colpo d'occhio dai palazzoni popolari che sorgono intorno e quasi fanno da scudo al feudo del clan a Ostia Ponente. Quando i baschi verdi arrivano, in strada non c'è quasi nessuno. I vicini si nascondono dietro le tapparelle, quasi a non voler vedere. A non voler assistere alla scena che ferisce il clan che fiaccato dalle continue operazioni delle forze dell'ordine è ormai sempre più indebolito. Il boss, scampato nei mesi scorsi a un doppio agguato mortale, aveva trasformato questa villa nel suo quartier generale. Si faceva vedere poco in giro e mai da solo. Da questa abitazione è stato prelevato nel gennaio dello scorso quando con l'operazione Eclissi i carabinieri del Gruppo Ostia lo arrestarono. Tra queste mura ha scontato anche il regime di «sorvegliato speciale» prima di finire nuovamente dietro le sbarre al 416 bis. «Capo, promotore e vertice dell'organizzazione», scrive il gip nell'ordinanza che lo ha portato in carcere con l'accusa di associazione di stampo mafioso.

LE CARTE
«Responsabile di impartire ordini e direttive per il controllo del territorio, fatti di sangue e gestione di attività come estorsione, usura e traffico di sostanze stupefacenti», è la descrizione che ne traccia il giudice per le indagini preliminari. Romoletto era il «dominus», come si legge dalle carte delle inchieste che lo hanno visto protagonista, che dal palazzetto faceva il bello e il cattivo tempo a Ostia. Dopo il secondo attentato, però, il boss e i suoi sodali hanno cominciato ad adottare delle precauzioni. Il clan temeva nuove imboscate, così ogni volta che Romoletto usciva dalla sua casa, sequestrata e sgomberata ieri, veniva posta in atto una specifica procedura di «bonifica» del territorio con due macchine che arrivano presso la sua abitazione e lo avvisano di uscire solo quando sono sicuri che non c'è pericolo. In quel periodo il boss arriva a meditare di lasciare Ostia, suo fratello gli disse: «È meglio che vai in galera pittosto che essere ammazzato».

Entrambi gli agguati non sono mai stati denunciati alla polizia. Romoletto è il boss che non «minaccia, ma ammazza direttamente», tanto da girare con un lanciafiamme in macchina: pronto a dare fuoco a locali di chi si rifiutava di pagare il pizzo e a chiunque gli si mettesse di traverso. La sua villa rappresentava la forza del clan. Ora il capo dei sinti ha perso anche quella. 

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