Clan Fasciani, la Cassazione: «È la mafia di Ostia». Raggi: «Si può voltare pagina»

Clan Fasciani, la Cassazione conferma le condanne: «È la mafia di Ostia»
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Venerdì 29 Novembre 2019, 18:20 - Ultimo aggiornamento: 21:16

La  Cassazione conferma: il clan Fasciani è la mafia di Ostia. Le condanne a 10 esponenti dell'associazione che per i giudici è mafiosa sono diventate definitive. La seconda sezione della Cassazione ha confermato la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Roma lo scorso 4 febbraio. Oltre 27 anni di reclusione al patriarca Carmine Fasciani, 12 anni e 5 mesi alla moglie Silvia Franca Bartoli, 11 anni e 4 mesi alla figlia Sabrina e 6 anni e dieci mesi alla figlia Azzurra.

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Per il giudici il
patriarca Carmine, la moglie Silvia Bartoli, le due figlie, Sabrina e Azzurra, e i loro sodali fanno parte di un unico sodalizio con le caratteristiche dell'associazione a delinquere di stampo mafioso. È la prima volta nella storia della città di Roma che la Cassazione riconosce l'esistenza di una mafia «autoctona», che ha piegato il territorio - il litorale romano - ne ha regolato i rapporti economici, ha comandato il traffico di droga e si è giovato della copertura dell'omertà. La prima volta che una sentenza per mafia passa in giudicato. Non era successo per la banda della Magliana. E davanti alla Cassazione non ha retto l'accusa di 416 bis per il Mondo di mezzo di Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.

«Ostia può voltare pagina e alzare la testa», ha detto la sindaca, Virginia Raggi, che ha atteso per oltre un'ora al Palazzaccio la decisione della seconda sezione penale e dopo la lettura ha stretto in un abbraccio la giornalista Federica Angeli, sotto scorta proprio per le minacce dei potenti di Ostia. «È una sentenze storica, viene affermato in modo chiaro che a Roma c'è stata, che c'è, la mafia. É importante perché per iniziare la cura bisogna riconoscere la malattia», ha aggiunto la sindaca.

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Il collegio, presieduto da Giovanni Diotallevi, ha confermato in toto l'impianto della sentenza dell'appello bis, del 4 febbraio scorso, aprendo solo a ritocchi di pena. Oltre 27 anni di reclusione a Carmine Fasciani, 12 anni e 5 mesi a Silvia Bartoli, 11 anni e 4 mesi alla figlia Sabrina e 6 anni e 10 mesi alla figlia Azzurra, considerate partecipi ma non con ruoli apicali. La Cassazione ha respinto il ricorso della procura generale di Roma, sostenuto anche dal pg di Cassazione Pietro Gaeta, che avrebbe voluto riaprire il processo, per aggravarne la posizione. Dieci anni e 5 mesi (con un ritocco di un mese) ad Alessandro Fasciani, arrestato due settimane perché ritenuto in procinto di lasciare il paese. Confermata la condanna a 8 anni e mezzo anche a Terenzio Fasciani, fratello di 'don' Carmine.

Dovranno risarcire le parti civili, Comune di Roma, Regione Lazio, e le associazioni antimafia, tra cui Libera ed Sos Impresa. Questa è la seconda volta che il processo arriva in Cassazione. In primo grado ci furono condanne severe, oltre 200 anni di carcere; in appello Carmine Fasciani e la moglie furono ritenuti a capo di un gruppo organizzato finalizzato alla commissione di reati di usura, estorsione, traffico di sostanze stupefacenti, cadde però l'accusa di associazione e l'aggravante della modalità mafiosa, ritenendo non provata la «pervasività» e «il potere coercitivo». La sesta sezione penale della Cassazione, il 26 ottobre 2017, ha ordinato di rifare il processo d'appello per riprendere in considerazione l'accusa di mafia. Che ha retto davanti al nuovo collegio. La decisione «segna un nuovo corso della giurisprudenza» perché viene riconosciuta una 'nuovà mafia, sottolinea l'avvocato Giulio Vasaturo, legale di parte civile per Libera. «La città di Roma è più libera indubbiamente», dice il presidente della Commissione Antimafia Nicola Morra, «non posso festeggiare per una sentenza che sancisce solo oggi che c'è mafia».

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