Roma, la beffa del Cinema Palazzo: rioccupato dopo un'ora

Il Cinema Palazzo: ritorno alla legalità solo per mezz ora
di Marco Pasqua
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Mercoledì 16 Ottobre 2019, 00:59 - Ultimo aggiornamento: 09:22

È durato poco meno di un’ora il ritorno alla legalità, smarrita ormai otto anni e mezzo fa, da quando un gruppo di antagonisti – era il 15 aprile del 2011 - ha scelto di appropriarsi, con la forza, del Cinema Palazzo. L’ufficiale giudiziario si è presentato ieri mattina, poco dopo le 9, in piazza dei Sanniti, nel cuore di San Lorenzo, accompagnato da un rappresentante della proprietà e da alcuni vigilantes, all’ingresso dell’ex cinema: in mano aveva l’ordinanza di sfratto. 

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LE ORDINANZE
Non era la prima: i proprietari del palazzo di due piani e relativi mille metri quadrati, sono riusciti ad ottenerne 24, dal 2014, ovvero da quando lo sfratto è diventato esecutivo. Ma ieri, come le altre volte, gli esponenti dei centri sociali che presidiano la zona sono riusciti a mantenere il possesso dello stabile. Con tanto di tam tam sui social, hanno chiamato a raccolta un piccolo esercito (100 persone) per convincere l’ufficiale giudiziario a desistere dalle proprie intenzioni. Non solo: dopo aver coperto un portone laterale con un grosso telo, per evitare di essere fotografi dalla Digos, hanno rimosso i sigilli e sono rientrati dentro. Persino il premio Oscar Marcello Fonte twittava e tuonava: «Il #CinemaPalazzo non si sgombera».

Poche ore dopo avrebbe raggiunto quella galassia scesa in strada a manifestare nuovamente contro il ripristino della legalità. «Per 24 ordinanze di sfratto che abbiamo ottenuto – spiega la proprietà, l’Area Domus –, l’ultima è del 18 settembre, in nessuna occasione ci è stata concessa la forza pubblica». Perché se è vero che lo stabile è nella lista stilata dall’ex ministro dell’Interno, Matteo Salvini, relativa ai palazzi da sgomberare, a oggi la Prefettura non ha mai autorizzato l’ausilio del Reparto Mobile. In questi otto anni e mezzo di occupazione, la proprietà ha perso circa due milioni di euro: «Per i mancati affitti versati ma anche per l’Imu che abbiamo dovuto continuare a pagare». E, intanto, nel Cinema si organizzano dalle feste danzerecce ai dibattiti, ai quali partecipano leader dell’antagonismo nazionale ma anche ex terroristi, come la primula rossa delle Br Barbara Balzerani, che qui è di casa.

Dietro l’occupazione, c’è il piano di ristrutturazione di questo edificio, annunciato nel 2010 dalla società Camene spa, che lo aveva preso in affitto, e che prevedeva la creazione di una sala giochi. «Avrebbe dato lavoro a 50 persone», ricorda una interrogazione parlamentare. «Non vogliamo un casinò nel quartiere», tuonarono però gli antagonisti. Che fecero scattare il loro piano, supportato, tra gli altri, da Sabina Guzzanti.

LE REAZIONI
E intanto ieri sono intervenuti a dar man forte agli abusivi vari rappresentanti istituzionali, come il vice-sindaco, Luca Bergamo, e il sottosegretario ai Beni Culturali Laura Orrico (M5S): «È un presidio che non deve essere sgomberato». Posizione condivisa dalla capogruppo della Lista Civica Zingaretti alla Regione, Mara Bonafoni. E con lo staff di Zingaretti la proprietà si era incontrata l’altro ieri: «Ci hanno proposto di organizzare un tavolo con il Comune», spiega la Ara Domus («falso», dicono dalla Regione, «non abbiamo competenze sul tema»). A fine giornata, dopo un sit-in che è divenuto permanente, gli occupanti promettono: «Non ce ne andremo, Roma non si sgombera».

IL PROCESSO
Per l’occupazione del 2011 è ancora in corso, davanti alla seconda sezione del Tribunale, il processo che vede imputate dodici persone, da Sabina Guzzanti all’ex deputato del Pd Marco Miccoli. Alla sbarra, con l’accusa di invasione arbitraria di edifici o terreni altrui, ci sono anche l’ex consigliere capitolino di Sel, Andrea Alzetta e Nunzio D’Erme, leader storici dei centri sociali romani. Secondo la Procura «in concorso tra di loro, in esecuzione di un medesimo disegno criminoso - si legge nel capo d’imputazione - hanno arbitrariamente invaso al fine di occuparlo lo stabile sito in Roma in piazza dei Sanniti». L’indagine della Procura era partita da una denuncia presentata dalla società Camene.

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