Cinema Intrastevere a rischio chiusura: «I locali sono del Comune»

Cinema Intrastevere a rischio chiusura: «I locali sono del Comune»
di Marco Pasqua
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Venerdì 29 Marzo 2019, 08:00 - Ultimo aggiornamento: 21:41

Quando, il 20 ottobre del 1960, l’allora sindaco di Roma, il democristiano Urbano Cioccetti, firmò, tramite un suo delegato, il contratto per la cessione di alcuni locali alla parrocchia di Santa Dorotea, a Trastevere, difficilmente avrebbe immaginato che quei “magazzini” sarebbero poi diventati un cinema. Il tutto, attraverso la stipula di una sublocazione che violerebbe proprio il contratto approvato da Cioccetti. A distanza di quasi 60 anni da quell’accordo, qualcuno ha iniziato a scavare tra le carte, e a scoprire che il Cinema Intrastevere ora potrebbe rischiare di chiudere da un momento all’altro. L’oggetto della contesa è nei locali di vicolo Moroni, al civico 3. 



AFFITTO NEL 1960
Nel 1960, il Comune li cede alla parrocchia, chiedendo in cambio 68mila lire annue di affitto (sopra, la foto del contratto originale del 1960). La clausola numero 5 parla chiarissimo: «E’ fatto divieto assoluto al concessionario di subconcedere l’immobile, sia parzialmente che totalmente e a qualsiasi titolo». Ma negli anni Novanta, la parrocchia decide di violare la clausola 5, firmando un contratto di affitto con la società Intrastevere (di cui è amministratore unico Mario Fiorito, proprietario della Emme Cinematografica) che trasforma quei locali in un cinema. Nel 2011 l’affitto viene rinnovato: il prezzo della locazione è stabilito in 60mila euro, che il cinema versa annualmente alla parrocchia. Una delle condizioni poste dai religiosi è che le pellicole trasmesse «non possano offendere il decoro, il buon senso e non siano in contratto con lo spirito religioso e cristiano della parrocchia medesima». Ma c’è un altro particolare, di non poco conto: da una visura, infatti, emerge che quei locali risultano accatastati esclusivamente come magazzini (C/2), il che renderebbe incomprensibile la concessione della licenza di pubblico spettacolo cinematografico. Per questi motivi, nel 2015, il Dipartimento Patrimonio di Roma Capitale «chiedeva la restituzione dell’immobile alla parrocchia S. Dorotea». Il motivo? Nero su bianco, nel documento dello stesso dipartimento capitolino: «Quei locali erano stati parzialmente sublocati, a scopo di lucro, a terzi, in violazione dei provvedimenti deliberativi succedutisi nel tempo, che ponevano esplicito divieto di subconcessione, parziale o totale». La parrocchia, da parte sua, per giustificare il trasferimento dell’immobile e la stipula di un contratto di locazione con terzi, si richiamava ad una sentenza del 2015. Ma anche qui il Comune non ha dubbi: «La sentenza citata non è applicabile nel caso concreto, non trattandosi di locali destinati dalla parrocchia all’esercizio pastorale, bensì sublocati ai fini commerciali». Nei giorni scorsi, la conferma dello stesso dipartimento Patrimonio, tramite un accesso agli atti richiesto da un residente dell’associazione “Campo Marzio”: «Non esistono rapporti di concessione tra Roma Capitale e la società Intrastevere (ovvero il cinema, ndr)». Parrocchia e società proprietaria del cinema, contattate, hanno preferito non commentare. Chi parla, invece, è Roberto Tomassi, animatore dell’associazione “Campo Marzio”: «Questa vicenda è gravissima e non capiamo perché il Campidoglio non si muova: chiediamo il ripristino della legalità e che venga subito fatto un bando per la concessione dei locali dando proseguimento all’attività cinematografica». 

marco.pasqua@ilmessaggero.it

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