Cerciello, il risultato della perizia: «Elder era in grado di intendere e di volere»

Cerciello, il suocero sviene in Aula durante il processo. Il collega Varriale: «Dicemmo: siamo carabinieri»
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Mercoledì 15 Luglio 2020, 12:03 - Ultimo aggiornamento: 16 Luglio, 06:58

«Finnegan Lee Elder era capace di intendere o di volere al momento del fatto ed è per questo imputabile». È quanto si legge nelle conclusioni della perizia psichiatrica disposta dal tribunale di Roma nei confronti del californiano accusato, assieme a Gabriel Natale Hjorth, dell'omicidio del vicebrigadiere Mario Cerciello Rega accoltellato il 26 luglio dello scorso anno. 

I professori Stefano Ferracuti e Vittorio Fineschi, che hanno svolto l'attività peritale, affermano che Elder «è persona che presenta un disturbo di personalità borderline-antisociale di gravità medio elevata, una storia di abuso di sostanze (in particolare Thc) e un possibile disturbo post-traumatico da stress». Per i periti «tuttavia non è possibile dimostrare che la condizione mentale accertata nell'Elder abbia compromesso la libera capacità decisionale del soggetto al momento del compimento dell'azione delittuosa: riteniamo perciò che il signore sia da valutarsi come imputabile all'epoca dei fatti». 

Momenti di apprensione nell'aula Occorsio del Tribunale di Roma. Mentre veniva fatta ascoltare in udienza la telefonata ai soccorsi fatta la notte dell'omicidio, il 26 luglio scorso, dal collega Andrea Varriale, il suocero di Cerciello è stato colto da un malore ed è caduto in terra. I giudici della prima corte d'assise hanno sospeso l'udienza e ed è dovuto intervenire il medico.

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«Ci avviciniamo frontalmente ai due e tiriamo fuori il tesserino dicendo che eravamo Carabinieri». Intanto Andrea Varriale, il carabiniere che era di pattuglia in borghese con il vicebrigadiere Mario Cerciello Rega la notte del 26 luglio quando quest'ultimo è stato ucciso con cinque coltellate da Finnegan Elder, è ascoltato come testimone nel processo che vede imputato anche Gabriel Natale Hjorth.

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«Dopo esserci qualificati ho riposto in tasca il tesserino. Mario ha fatto la stessa cosa. Abbiamo fatto quello che facciamo sempre. Loro non avevano nulla in mano. Noi andavamo ad identificare due persone. I due ci hanno immediatamente aggrediti - ha ricostruito Varriale davanti ai giudici della Prima corte d'Assise -. Io fui preso al petto da Natale e rotolammo in terra. Allo stesso tempo sentivo Cerciello che urlava fermati carabinieri, aveva una tono di voce provato». Il militare ha proseguito raccontando le fasi dell'aggressione. «Tutto è durato pochi secondi - ha aggiunto - io lascio andare il mio aggressore perché ero preoccupato per le urla di Mario. Alzo la testa e vedo lui in piedi che mi dice 'mi hanno accoltellatò per poi crollare per terra. Mi sono quindi tolto la maglietta e ho provato a tamponare la ferita, ma il sangue usciva a fiotti. Ho chiamato subito la centrale per chiedere una ambulanza».
 

 

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