Roma, il raid alla pizzeria di Centocelle fu una vendetta dei pusher

Roma, il raid alla pizzeria di Centocelle fu una vendetta dei pusher
di Alessia Marani
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Mercoledì 4 Dicembre 2019, 08:17

C'è un movente per l'incendio doloso del 9 ottobre alla pinseria Cento55 di via delle Palme, a Centocelle. Gli investigatori sono certi che appiccare le fiamme al gazebo con i tavoli esterni del locale sia stato un atto di autentica ritorsione da parte dell'agguerrito giro di spacciatori maghrebini che a ogni ora del giorno e, specie, della notte, vendono la droga nel parco Don Biavati. Accampati in un fosso ai piedi del Forte Prenestino occupato, i pusher stranieri (ma tra di loro in operazioni antidroga del passato sono stati scovati anche italiani specializzati nella cessione dell'hashish) non vogliono essere disturbati. Quando alla vigilia del 9 ottobre i finanzieri del Gico sono sulle loro tracce e cercano di fermarne qualcuno, chiedono al titolare della pinseria una scala per scavalcare e addentrarsi nel parco per inseguire in particolare un fuggitivo.

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LA RITORSIONE
Il commerciante non si tira indietro, aiutare la legge è un dovere civico ma il gesto con tutta probabilità non passa inosservato alla schiera di vedette appostate su via delle Palme e lungo il perimetro dello spazio verde, pronte a segnalare movimenti sospetti con un vero e proprio servizio di contropattugliamento. È per questo, secondo gli inquirenti, che a poche ore di distanza qualcuno decide che la pinseria debba avere una bella lezione: con il fuoco. Ma l'autore materiale dell'attentato non sarebbe Yahyaoui Fawzi, il tunisino senza fissa dimora di 35 anni, che gli agenti del commissariato Prenestino trovarono sul posto la notte del 9 ottobre quando la pinseria bruciò. L'uomo era lì vicino quando arrivarono già i primi poliziotti. Era spaesato, aveva male agli occhi e segni come di bruciature. Il sospetto è che qualcuno gli abbia spruzzato in volto uno spray urticante. Il tunisino, però, aveva un accendino in tasca. Per questo gli agenti lo denunciarono per incendio doloso. Ma non c'erano altri elementi per condurlo in carcere. Si tratterebbe fra l'altro di uno sbandato. Piuttosto potrebbe avere disturbato con la sua presenza gli attentatori. È questa la pista principale seguita da chi indaga su quel rogo.
Ma le bande di spacciatori accampate nel parco potrebbero avere a che fare anche con gli altri incendi? Quello (doppio, il primo raid c'era stato il 25 aprile, il secondo nella notte tra il 5 e il 6 novembre) alla libreria Pecora Elettrica e il successivo, del 9 novembre, al Baraka Bistrot di via dei Ciclamini? È una delle ipotesi al vaglio dei carabinieri. La direttrice di indagine punta su gruppi criminali che vorrebbero esercitare il loro controllo su Centocelle.

MONOPOLI E PROTEZIONI
Fino a ottenere il monopolio dello spaccio, anche attraverso la gestione indiretta esercitata con la paura e le intimidazioni dei locali che animano la emergente movida serale. Possibile che vi sia uno scontro tra chi è già insediato da tempo a Centocelle (la presenza nel parco dell'occupazione in qualche modo potrebbe rappresentare una sorta di scudo per gli spacciatori, visto che l'arrivo delle divise da queste parti potrebbe fare insorgere equivoci) e chi vorrebbe inserirsi nella nuova piazza? Interrogativi a cui le indagini coordinate dalla Procura di Roma potrebbero dare presto risposte. Intanto, i titolari della Pecora Elettrica l'altro giorno hanno annunciato che non riapriranno «mai più». Un'affermazione commentata ieri dal questore Carmine Esposito a margine della inaugurazione del nuovo Polo Volanti di via degli Alvari: «Non possiamo forzare la loro volontà ma qualora prendessero una decisione diversa, che noi auspichiamo, gli saremo accanto concretamente. Non bisogna arrendersi mai, noi non ci arrendiamo». Di ieri lo stanziamento da parte della Camera di commercio, come preannunciato subito dopo i gravi fatti di Centocelle, di un fondo di 500mila euro destinato alle imprese di Roma e provincia che hanno subito e denunciato fenomeni criminosi nell'ultimo biennio. Proprio per non arrendersi.
 

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