Roma, «Finte badanti e mazzette»: così assegnavano le case Ater

Roma, «Finte badanti e mazzette»: così assegnavano le case Ater
di Adelaide Pierucci
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Venerdì 5 Luglio 2019, 10:21
Subentri senza titolo e in perfetta violazione ai bandi di assegnazione. Erano altri i criteri con cui un manipolo di funzionari dell'Ater per anni ha movimentato le assegnazioni degli alloggi popolari dal Tufello, a San Basilio fino all'Acqua Acetosa: soldi e regali. Contanti fino a ventimila euro, ma anche auto scontate, motori di barche e promesse di lavori di ristrutturazione gratis. Chiuso l'accordo, si procedeva alla falsificazione delle carte, in barba alle graduatorie. Un meccanismo che si sospetta non del tutto scoperchiato, ma che dopo la retata di arresti di settembre, potrebbe portare presto a processo i primi 58 indagati, tra dirigenti dell'Ater, funzionari del Comune, e inquilini favoriti.

LE CONTESTAZIONI
Il procuratore aggiunto Paolo Ielo e il pm Francesco Dall'Olio hanno completato le indagini sulle assegnazioni, contestando una sfilza di corruzioni e falsi. «Me faccio fa' la delibera pe' fa' tutti i lavori, stai sereno». Le coppie, italiane e straniere, pronte a pagare anche 20.000 euro per ottenere un tetto in tempi rapidi, venivano rassicurate negli uffici dell'Ater. Tra gli indagati a rischio processo in particolare un dipendente del Comune, Giovanni Mastrodascio, impiegato presso l'ufficio tecnico (ispettorato edilizia) del XV Municipio, e tre funzionari dell'azienda per l'edilizia residenziale del Campidoglio, Armando Salvucci, responsabile dell'Ufficio Stime Beni non residenziali dell'Ater assieme ai dipendenti Emanuele Giuliani e Cristiano Longhi, in servizio rispettivamente nelle sedi di via Titano e Lungotevere Tor di Nona. Finti contratti di lavoro come badanti, nullaosta falsi, timbri di uffici pubblici falsificati, anche in maniera grossolana. «C'avemo in mano a graduatoria!», si vantava al telefono il dipendente comunale. «Ecco, io sto aspettà quello che offre de più», diceva invece uno dei dipendenti Ater sotto inchiesta. Ad occuparsi dei nullaosta falsi, per l'accusa, era Cristiano Longhi. Il gip Alessandra Boffi aveva specificato nella misura cautelare che era abile «a contraffare i format dell'Ater», mentre Emanuele Giuliani, per il pm, avrebbe distribuito i documenti taroccati ai «committenti».

L'anello di congiunzione tra i due passaggi, erano gli intermediari, che intascavano il denaro e si occupavano di effettuare sopralluoghi e cambi di serrature. Perquisendo gli alloggi, gli investigatori hanno sequestrato liste delle case da occupare, foglietti con indirizzi, copie di assegni. Sono le conversazioni captate a permettere agli inquirenti di ricostruire tutti gli escamotage. Uno su tutti: fare passare gli occupanti come badanti. Ci vuole «una giustifica, no? A meno che non fa a badante», dice intercettata un'indagata. Un'operazione che poteva arrivare a costare fino a 15.000 euro. Almeno quella è la cifra sborsata da una indiana, trasformata in badante del legittimo (e ignaro) assegnatario della casa Ater. Una dipendente del Campidoglio aveva il compito di controllare le liste di assegnazione per verificare se il raggiro fosse riuscito. Poi scattava la chiamata agli occupanti: «L'amico nostro ha detto che è tutto a posto». Quindi, c'era l'appuntamento per la consegna dei soldi. Longhi, assistito dagli avvocati Stefano Parretta e Giorgio Martellino, ha respinto le accuse: «Nessun favoritismo». I 58 indagati hanno 20 giorni per sottoporsi ad interrogatorio e fornire chiarimenti. Altrimenti la procura punterà dritta al processo.
 
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