«Niente pena di morte ma vogliamo giustizia», la disperazione di mamma Silvia alla camera ardente del carabiniere ucciso

«Niente pena di morte ma vogliamo giustizia», la disperazione di mamma Silvia alla camera ardente del carabiniere ucciso
di Lorenzo De Cicco
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Lunedì 29 Luglio 2019, 10:00 - Ultimo aggiornamento: 10:47

«Giustizia», è la parola che batte le lacrime di mamma Silvia, quella che rompe il pianto silenzioso alla camera ardente, mentre un pezzo di Roma è in processione per salutare il vicebrigadiere ucciso giovedì notte, quello che per lei sarà sempre e solo «Mario». Resta lì per ore, la madre del carabiniere di Somma Vesuviana, i figli Lucia e Paolo che non la abbandonano un attimo, col resto della famiglia. «Umile ma forte, unita come solo certe famiglie del Sud sanno essere», dice chi li conosce bene.

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Una famiglia che anche in queste ore, le più drammatiche, sa cosa chiedere. «Vogliamo giustizia, una giustizia che non faccia sconti a nessuno», ripete Silvia a quelli che si accostano con rispetto e dolore, nella sala del Monte di Pietà, a due passi da Campo dè Fiori, a partire dal sindaco di Somma, il paese natale di Mario Cerciello Rega, che stamattina alle 11 ospiterà i funerali. Con lui si sfoga anche la moglie di Cerciello, Maria Rosa, composta e orgogliosa anche negli abissi della disperazione più profonda, come quando mette la mano sulla bara che arriva in questo angolo di centro storico, dove suo marito lavorava, amato da tutti. «Non vogliamo la pena di morte per chi l'ha ucciso, come in America, ma una pena esemplare quella sì», dice Maria Rosa a chi l'abbraccia. E si confida: «Non so se resterò a Roma, a questo punto. Forse tornerò in Campania, a Somma, col resto della famiglia».

«COME ANIMALI»
«Chi lo ha ucciso è un animale perché le coltellate sono 11 non otto; ai giudici dico non siate parsimoniosi, c'è bisogno di rispetto per la divisa e per gli uomini che prestano la loro vita allo Stato», si sfoga il sindaco di Somma Vesuviana, Salvatore Di Sarno, quando esce dalla camera ardente e ha appena finito di parlare con i parenti del carabiniere. Racconta che c'è un altro membro della famiglia che lavorerà nell'Arma: «La moglie di Paolo, il fratello di Mario, è appena stata nominata maresciallo dei carabinieri, ha da poco vinto il concorso. Continuerà lei nell'Arma». Anche Carmine Mocerino, 50 anni, è arrivato da Somma per salutare l'amico Mario. «È nato a poche centinaia di metri da casa mia, è un'amicizia tramandata dai nostri genitori, un vincolo che regge, in certe realtà. Quando hanno perso il papà, un autista di pullman, dieci anni fa, abbiamo tutti dato una mano. Dalle nostre parti è facile imboccare strade sbagliate, invece in Mario abbiamo visto tutti, da subito, dignità e sacrificio. È diventato presto il capo famiglia, tutta la responsabilità su di lui, ma sapeva sopportare questo peso».

LA VISITA
Sono da poco passate le sei e mezza quando alla camera ardente si presenta il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Esce dopo un'ora passata in gran parte a parlare con la famiglia del vicebrigadiere. «C'è molta commozione - dice Conte - tutta la massima vicinanza nei confronti della moglie e della famiglia. Oggettivamente è una perdita che ci addolora tutti. Questo è il momento della commozione, è il momento di stare vicini alla famiglia. Poi ci sarà tempo per qualche altra dichiarazione di più ampio respiro su questa vicenda». Col capo del governo, c'erano il comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Giovanni Nistri, la sindaca di Roma Virginia Raggi, il prefetto Gerarda Pantalone. Sono arrivati anche il vicecapo della Polizia di Stato, Alessandra Guidi, il capo di stato maggiore della Difesa, Enzo Vecciarelli. E un fiume di romani - c'è chi ne ha contati 7mila - che hanno voluto semplicemente passare per un saluto, o una preghiera, anche quando la pioggia batteva violenta sui sampietrini. Ci sono quelli che «Mario era un amico» e quelli che «non lo conoscevo, ma è lo stesso, era un dovere esserci». Stamattina, nella sua Somma, l'ultimo saluto.

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