Roma, campi estivi per i bambini scappati dall'Ucraina

Roma, campi estivi per i bambini scappati dall'Ucraina
di Camilla Mozzetti
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Sabato 14 Maggio 2022, 00:48 - Ultimo aggiornamento: 01:22

È un sentimento spontaneo la felicità che d’impeto si prova quando si vede un bambino che sorride e si diverte. Soprattutto se quel piccolo, che corre in un parco di Roma, che gioca con i palloncini a forma di giraffa ed elefante è un bambino scampato alla guerra, alla sua devastazione. Al suo orrore. Consuetudine vuole farci credere che i bimbi dimentichino presto, e comunque meglio degli adulti, tutto quello che di terribile può arrivare a sconvolgere le loro vite. E per un attimo lo si crede davvero possibile guardando proprio quei piccoli che ieri, nel verde di Villa Fassini, grazie alla società Atlantia, hanno potuto giocare liberi dalla paura dei bombardamenti, lontano dal frastuono delle sirene, sotto quella luce di un maggio che sembra già estate e che ha levato via il buio di scantinati e rifugi dove pure sono stati costretti a nascondersi prima di arrivare in Italia.

I piccoli dell’Ucraina scappati dalla guerra con le proprie madri (nei loro occhi invece sì, la paura si legge ancora e pure il dolore per aver lasciato lì mariti, compagni, padri e fratelli) accolti dalla Capitale grazie alla sinergia tra Regione, Comune, Prefettura e Protezione Civile e sostenuti anche da tanti privati cittadini ed aziende che pensano ora a regalar loro momenti di svago, in parte di rinascita, di ritorno ad una vita che si deve - a tutti i costi - pretendere proprio per i più piccoli.

Fatta di colori e di spensieratezza. Su questo principio si basa l’ultima iniziativa di Atlantia che da ieri ha messo a disposizione gli spazi di Villa Fassini per un grande “open day” di presentazione di quella che sarà l’estate dei piccoli profughi e delle loro madri. 

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LE ATTIVITÀ
Da giugno in questa bellissima villa storica della Capitale, immersa in un parco circondato da tigli e platani nel cuore di Casal Bruciato, si rincorreranno iniziative pensate per loro, bimbi e madri, in un “campus estivo” che vedrà il divertimento protagonista ma garantirà anche il supporto psicologico con personale specializzato, quello linguistico grazie a mediatori e aiuti per trovare un posto di lavoro. Ad animare le giornate poi saranno gli stessi dipendenti di Atlantia che vestiranno gli abiti dei volontari. Un grande progetto di aiuti per cercare di cancellare - o quantomeno attenuare - il rammarico per una guerra che nessuno dei presenti, ieri, pensava potesse davvero esplodere in Europa nel 2022.

A fare gli onori di casa, presentando l’iniziativa, il Ceo di Atlantia Carlo Bertazzo che insieme a tutto il personale della società lavora a questa iniziativa da febbraio, mentre sul palco - in un breve momento istituzionale - si sono alternati il sottosegretario per gli Affari Esteri Benedetto Della Vedova e l’ambasciatore ucraino a Roma Yaroslav Melnyk. «È straordinario vedere oggi un pezzo di società civile che si organizza per partecipare direttamente all’accoglienza di questi bambini e delle loro madri», ha detto il sottosegretario Della Vedova, ricordando anche le azioni a sostegno dell’Ucraina intraprese dall’esecutivo come «i 100 milioni a cui se ne aggiungeranno altri 200. Purtroppo dobbiamo velocemente attrezzarci a dare spiegazioni che pensavamo di non dover più dare nel cuore dell’Europa e credo che i bambini ci segnalino in modo evidente chi ha ragione e chi ha torto. Loro hanno certamente ragione con le loro famiglie». 

«GRAZIE»
L’ambasciatore Melnyk ha tenuto a ringraziare l’Italia «per il sostegno dell’integrità territoriale della sovranità dell’Ucraina e per la ferma condanna dell’aggressione del Cremlino, in questi 80 giorni il marchio globale “made in Italy” ha ricevuto un nuovo riconoscimento del popolo ucraino che oggi significa anche la volontà e la disponibilità del popolo italiano ad aiutare con urgenza chi è nel bisogno, vi ringrazio dal profondo del mio cuore». E poi loro, le donne ucraine, le mamme che hanno la bandiera del loro Paese stretta ai polsi, disegnata sui volti. C’è Olena fuggita da Nikopol via treno «la mia anima è lì», dice e poi c’è Julia e Marina arrivate a Roma il 10 marzo da Buča: «Sentivamo i bombardamenti, la gente era costretta a mangiare gli animali, abbiamo vissuto nei sotterranei, il primo corridoio umanitario è fallito, abbiamo visto auto di civili con morti dentro e i soldati russi entrare nelle nostre case per portarci via tutto ma non la nostra dignità».
 

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