Buste esplosive nel Lazio, unica firma: si punta a isolare le impronte

Buste esplosive nel Lazio, unica firma: si punta a isolare le impronte
di Valentina Errante
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Lunedì 16 Marzo 2020, 08:52 - Ultimo aggiornamento: 10:10

Dal movente passionale alla pista anarchica. Si cerca qualunque elemento che possa unire gli undici destinatari, apparentemente estranei, delle buste incendiarie spedite nel Lazio.

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Eppure un filo che li unisce deve esserci. Un disegno ben preciso che spinge la stessa mano a confezionare sempre il medesimo pacchetto. Un ordigno che non può uccidere ma ferire. E gli inquirenti non si lasciano sfuggire neppure il collegamento con l’emergenza sanitaria, visto che le spedizioni sono cominciate due settimane fa. Quando l’allarme coronavirus non era ancora così pesante ma già cominciava ad occupare le prime pagine dei giornali. 

LE PISTE
Per Ros e Digos la pista anarchica resta quella privilegiata, anche se andando avanti si indebolisce sempre più. Ma si cercano una logica e un collegamento tra i destinatari, mentre il timore che possa trattarsi di uno squilibrato si fa strada. Gli investigatori sono comunque certi che ci saranno altre spedizioni. Le prime risposte potrà darle la scientifica, che sta esaminando i plichi inesplosi, la speranza è che possano esserci delle impronte già note e che possano aprire una pista. Un lavoro difficile, dal momento che i plichi sono passati da tante mani. Su un dato ci sono pochi dubbi: sono partite dal Lazio. Perché la posta aerea viene passata ai raggi X e i pacchi sarebbero stati fermati prima della spedizione.

LE BUSTE
Dall’inizio di marzo a sabato sera, quando un assicuratore trentottenne di Passo Corese, frazione di Fara Sabina, in provincia di Rieti, ha ricevuto l’ultimo plico, sono state contate undici buste identiche, tutte spedite nel Lazio. Gialle, formato A4, imbottite come se contenessero oggetti fragili. Il destinatario scritto al computer, su un’etichetta, attaccata in basso a destra, sotto una fila di tre francobolli, e il mittente in alto a sinistra. Anche il contenuto è identico: una scatoletta di compensato con una quantità minima di polvere pirica e una batteria per l’innesco. E anche questa volta la busta non è esplosa, il destinatario si è subito rivolto ai carabinieri.

I DESTINATARI
Abitano tutti tra Roma e le province di Rieti e di Viterbo i destinatari delle buste che finora hanno ferito quattro persone. Si va da un pasticciere di Tivoli a Paolo Giachini, l’avvocato di Erich Priebke. Il plico, in questo caso, è stato spedito nell’abitazione in via Baldo degli Ubaldi, dove il legale ha ospitato l’ufficiale delle Ss, condannato all’ergastolo per la strage delle Fosse Ardeatine fino alla sua morte, avvenuta nel 2013. Un nome che aveva rafforzato l’ipotesi di una matrice politica. Così come quando il plico è stato inviato a un fuoriuscito di CasaPound. Anche i primi due destinatari avevano fatto convergere le indagini su un gruppo anarchico antimilitarista.

Perché la busta esplosa al meccanografico di Fiumicino era indirizzata ad una ex dipendente dell’Università di Tor Vergata, che aveva lavorato nel settore amministrativo dell’Ateneo avrebbe avuto un ruolo nell’accordo siglato lo scorso ottobre tra l’Università e l’Aeronautica Militare. Mentre la donna di 68 anni, rimasta ferita dopo avere aperto la busta, è un’esperta in biotecnologie e lavorava per l’Università cattolica del Sacro Cuore-Gemelli, che nel 2017 ha siglato un’intesa di cooperazione con una struttura della Nato. Ma gli altri destinatari sembrano avere poco a che fare con la politica, il pasticciere di Tivoli e l’assicuratore di Fara Sabina. Non sarà facile per il procuratore aggiunto di Roma Francesco Caporale e per il pm Francesco Dall’Olio, che ipotizzano l’attentato con finalità di terrorismo e lesioni, risolvere il giallo.
 

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