Dopo aver sventato il crac d’un soffio, nell’estate del 2018, grazie al concordato fallimentare, Atac si ritrova di nuovo sul ciglio del burrone finanziario. I «rischi di liquidità» sono talmente elevati, dicono le carte interne dell’azienda, che potrebbero interessare anche «la provvista necessaria per far fronte alle uscite per contributi e stipendi». I salari di 11.140 dipendenti. Il fatto è che in cassa mancano 203 milioni di euro, effetto lockdown, vale a dire migliaia di passeggeri (e biglietti) in meno ogni giorno. Il bilancio 2020, se l’andamento delle entrate non cambierà, è destinato a chiudersi con 112 milioni e 500 mila euro di perdite.
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Un’altra voragine. E così su questo colosso pubblico chiamato a gestire oltre 2mila tra bus, tram e treni del metrò, tornano pericolosamente ad addensarsi le nuvole del default. I pericoli sono ben noti al Campidoglio, che tre giorni fa ha approvato il bilancio 2019 della partecipata, un consuntivo che si è chiuso con 7,6 milioni di euro di utili. Merito appunto del concordato fallimentare, che ha congelato gli interessi sul maxi-debito da 1,3 miliardi di euro, e del piano di risanamento faticosamente messo a punto dall’ex ad Paolo Simioni, appena passato armi e bagagli all’Enav e rimpiazzato da Giovanni Mottura, commercialista romano classe 1964, ex liquidatore di Roma Metropolitane. Tocca a lui ora fronteggiare le insidie annotate nella relazione stilata da Simioni e allegata al bilancio. Perché nel rapporto, oltre ai risultati finanziari positivi del 2019, sono annotate le previsioni disastrose per l’anno in corso. Uno scenario che potrebbe portare la municipalizzata di nuovo a un passo dalla bancarotta, a meno che non arrivino altri aiuti pubblici in dosi massicce.
Bus Roma, «Atac, stipendi a rischio»: incassi crollati per l’effetto lockdown
di Lorenzo De Cicco
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Venerdì 31 Luglio 2020, 00:06 - Ultimo aggiornamento: 10:49
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