Massimo Bochicchio, il venditore di illusioni: la storia da film del broker che ha stregato (e truffato) decine di vip

La sua rete nei circoli sportivi. A una settimana dalla morte si infittisce il giallo

Massimo Bochicchio, il venditore di illusioni: la storia da film del broker che ha stregato (e truffato) decine di vip
di Valeria Di Corrado
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Domenica 26 Giugno 2022, 00:15 - Ultimo aggiornamento: 27 Giugno, 16:24

Il segreto era diventare amico dei suoi clienti, condividerne gli interessi e le vacanze, per poi carpirne fiducia e denaro. Grazie alle sue doti di brillante affabulatore e al passaparola nel jet-set, li convinceva ad affidargli i loro risparmi con la prospettiva di realizzare “l’affare della vita”. Massimo Bochicchio vendeva di fatto illusioni: la possibilità di ottenere ingenti profitti, con un tasso di rendimento fino al 20%, sulla base di un algoritmo infallibile e un rischio pari a zero. Per 20 anni il broker 56enne, originario di Capua, ha preso in giro decine di professionisti, facendosi consegnare investimenti per almeno 600 milioni di euro. Come hanno scoperto i finanzieri del nucleo valutario, «gran parte delle somme investite non sono state impiegate nella sottoscrizione di strumenti finanziari»; mentre una parte è finita sui suoi conti correnti, quelli dei familiari (ora indagati per riciclaggio) e del socio Sebastiano Zampa. Beffarda anche la causale di alcuni bonifici girati alla moglie Arianna Iacomelli (arrivata seconda al concorso di Miss Italia nel 1990): “rimessa emigrante per spese famiglia”, come fanno le colf straniere ai money transfer. Per questo motivo, quando una settimana fa si è saputo che era morto in un incidente stradale dalla dinamica strana alla periferia nord di Roma, e il suo corpo carbonizzato era irriconoscibile, molti hanno pensato che non fosse realmente lui, ma l’ennesima truffa del “pirata della finanza”.

SPORTIVI E PROFESSIONISTI CADUTI NELLA TRAPPOLA

Per “agganciare” le sue prede Bochicchio frequentava i circoli sportivi “in” di Roma (a cominciare dal Tennis Club Parioli), trascorreva l’estate tra Capalbio, l’Argentario e Ponza, e le vacanze sulla neve a Cortina.

Aveva anche un esclusivo appartamento nel cuore di Londra (a Holland Park), dove si era trasferito per un periodo con la famiglia. Lì aveva conosciuto il console generale Massimiliano Mazzanti e l’ambasciatore Raffaele Trombetta, che gli avevano affidato i loro capitali, dopo che si era presentato come “formidabile broker finanziario”, con un passato lavorativo nel colosso bancario Hsbc. Nel 2016, in una delle tante cene tra vip italiani residenti nella City, aveva incontrato il fratello di Antonio Conte e poi convinto l’allora ct del Chelsea a investire 24 milioni (di cui non gli è ritornato indietro nemmeno un euro), fidandosi del passaparola del procuratore sportivo Federico Pastorello, che a sua volta l’aveva conosciuto tramite Marcello Lippi.

Nella lunga lista di chi lo ha denunciato per truffa e appropriazione indebita ci sono anche i calciatori Stephan El Shaarawy ed Evra, l’architetto Alvaro Tagliabue, la scrittrice Barbara Prampolini, l'osteopata Massimiliano Mariani. Quest’ultimo aveva raccontato il 16 giugno 2021 a un ufficiale della Finanza, sua paziente, di essere stato «ridotto sul lastrico» da Bochicchio, che conosceva da più di 20 anni e aveva curato anche quando si era ammalato di Covid. Secondo Mariani aveva truffato i suoi clienti per un miliardo e mezzo. Il trucco era appunto conquistare la fiducia delle sue vittime, come nel caso dell'imprenditore edile Gaetano Salvagni. «Infrangere il muro di diffidenza di un uomo oggi 90enne - si legge nella denuncia presentata dal suo legale - è stato forse l’ostacolo più difficile che Bochicchio ha dovuto superare e dove ha dimostrato tutta la sua “bravura” e la sua mente criminale». Marco Vanni, che possedeva una serie di farmacie a Roma, era stato uno dei suoi primi clienti nel 1999: in 20 anni gli aveva affidato circa 454mila euro e nel 2020, dopo la vendita delle farmacie, stava per dargli il ricavato (3 milioni) da investire: «L'ho sempre considerato uno tra i miei più cari amici - ha spiegato nella sua denuncia - Si dipingeva come un serio professionista, agiato e benestante, affidabile, ben inserito nel mondo della finanza, titolare di svariate società di investimento, acuto investitore, dotato di un notevole portafoglio di clienti e di innumerevoli contatti e rapporti con istituti bancari di caratura internazionale».

TRUFFA IN STILE MADOFF, AZIONI ALIBABÀ E FACEBOOK

Bochicchio proponeva ai suoi clienti azioni Facebook o Alibabà, facendo leva sulla sicurezza di questi colossi del web, sulle conoscenze con i vertici della banca Hsbc e sul «sistema di trading chiuso» delle sue società inglesi Kidman Asset Management e Tiber Capital. Peccato che la prima avesse una sola azione di capitale del valore di una sterlina e gestisse il portafoglio-titoli senza autorizzazione. Lo schema della truffa di Bochicchio si ispira al modello economico piramidale di vendita, ideato dall’italiano immigrato negli Usa Charles Ponzi, che promette forti guadagni ai primi investitori, a discapito dei nuovi, come avevano fatto anche Bernard Madoff e Gianfranco Lande. Il castello crolla nel momento in cui in molti decidono di disinvestire contemporaneamente, come era successo al broker di Capua tra fine 2019 e inizio 2020.

Per questo si era rifugiato prima a Dubai e poi a Giacarta, a suo dire per recuperare i soldi investiti interloquendo con i fondi sovrani di Indonesia e Hong Kong. L'8 luglio 2021 era stato arrestato all'aeroporto di Giacarta per riciclaggio, sulla base di un'inchiesta della Procura di Milano, ed estradato in Italia. Il gip gli aveva concesso i domiciliari, sulla base della sua volontà di collaborare e restituire il 91,5% dei capitali investiti dai suoi clienti entro il 30 settembre 2021; data poi ulteriormente procrastinata. «Tutto quello che abbiamo investito in 30 anni, ed è rimasto residuo, lo otterremo entro gennaio - assicurava il broker nell’interrogatorio di garanzia del 29 novembre scorso - altrimenti sarò il primo a denunciare». Il pm di Roma Alessandro Di Taranto aveva chiesto il carcere, considerato che nel suo appartamento ai Parioli - dove abitava con la moglie e i due figli - aveva a disposizione cellulari, tablet, pc; dispositivi che la Finanza gli ha sequestrato domenica scorsa, subito dopo la morte.

PASSIONE PER L’ARTE, CLIENTI EVASORI E CRIMINALI

Solo una parte dei clienti di Bochicchio l’ha denunciato. «C’hanno un tallone d’Achille», ammetteva (non sapendo di essere intercettato) a proposito di chi evadeva il Fisco. E poi c’era la «gente brutta brutta» di cui parlava in un’altra intercettazione sua moglie. Basti pensare che tra i suoi investitori ci sarebbe anche un uomo “vicino alla cosca mafiosa Santapaola”, a cui avrebbe restituito solo il 40% dell’investimento, pari ad almeno 180mila euro. Tra i beni sequestrati al 56enne nel febbraio 2021, per 10,9 milioni di euro, ci sono due opere di Castellani, sette quadri di Mario Schifani, un vaso di Picasso e alcune opere di Giacomo Balla. D’altronde dal suo “gallerista romano di fiducia” avrebbe speso circa 10 milioni di euro.

IL MISTERO SU MORTE E DNA

La settimana prossima sarà svelato il primo grande mistero sulla morte di Bochicchio, con il risultato del dna che identificherà il corpo carbonizzato. Al momento l’unico indizio sulla paternità del cadavere è il braccialetto elettronico che aveva a una caviglia, ma che non può aiutare a capire dove fosse andato e chi avesse incontrato prima dell’incidente. Nelle due ore di permesso che gli erano state accordate, durante il regime dei domiciliari, il braccialetto veniva infatti spento e, quindi, non ha lasciato una traccia del gps. Per riuscire a colmare quelle due ore di buco, i vigili hanno acquisito le immagini delle telecamere di via Salaria. Una perizia su ciò che resta della sua moto customizzata servirà inoltre escludere un malfunzionamento (o addirittura una manomissione) dell'impiano frenante.

La Procura di Roma, che indaga per istigazione al suicidio, a giorni avrà anche l’esito degli esami tossicologici. Il medico legale dovrà stabilire se la causa del decesso è stato un malore, magari dovuto a un calo glicemico (considerato che il 56enne era malato di diabete). Al momento però sembra esclusa una morte per ictus o infarto. L’alternativa è che Bochicchio si sia tolto la vita, magari perché era pressato dalle minacce dei suoi creditori e sapeva di non poter restituire loro i soldi. Perché scegliere, però, di schiantarsi con la moto contro un muro? Forse per far incassare alla sua famiglia una polizza assicurativa sulla vita e metterli al riparo dalla «gente brutta brutta».

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