Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica capitolina e condotte dal Gruppo tutela mercato capitali del Nucleo di polizia economico-finanziaria, hanno preso le mosse dal fallimento della Gepin contact Spa, operante nel settore dei call center, e consentito di smantellare un'organizzazione che, attraverso la costituzione di una pluralità di società, tutte amministrate direttamente o indirettamente dagli associati, ha deliberatamente condotto l'impresa al fallimento, con un passivo di oltre 43 milioni di euro.
Al fine di rendere inefficaci le procedure di riscossione coattiva, inoltre, il capitale sociale della fallita è stato formalmente ceduto a una persona giuridica bosniaca legalmente rappresentata da Naletilic Mate, figlio di Mladen detto «Tuta», quest'ultimo condannato per crimini di guerra contro l'umanità quale comandante di un gruppo para-militare operante nella ex Jugoslavia.
Prima di tale cessione, liquidità per circa 2 milioni di euro sono state distratte a favore degli associati o fatte confluire nelle casse delle altre imprese del gruppo, facendo così rientrare nel circuito economico «pulito» il denaro «sporco».
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