Roma, «Non abbiamo più soldi»: così l'avvocato della Cassia ha ucciso la moglie e si è sparato

Roma, «Non abbiamo più soldi»: così l'avvocato della Cassia ha ucciso la moglie e si è sparato
di Marco De Risi
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Sabato 22 Giugno 2019, 08:19 - Ultimo aggiornamento: 19:27

«Scusatemi sono stanco di vivere», ha scritto in un biglietto prima di sparare. Domenico Gentile, 76 anni, avvocato civilista, ha ucciso la moglie e poi si è tolto la vita. Due colpi di pistola in rapida successione. Uno ha centrato la donna, Patrizia Garro, 74 anni, al collo. Subito dopo l'avvocato si è puntato la pistola ad una tempia e ha fatto fuoco.
La tragedia è stata scoperta dalla polizia nell'abitazione al primo piano di via Santi Cosma e Damiano al civico 4, sulla Cassia, a Tomba di Nerone. Verso mezzogiorno la figlia, da Milano, ha chiamato la polizia preoccupata perché non sentiva la madre da più di un giorno. Nell'appartamento sono accorsi pompieri e polizia. Nessuno ha risposto. I vigili del fuoco hanno forzato la serratura, hanno percorso pochi metri e in camera da letto hanno scoperto i due cadaveri: erano distesi sul letto, come se stessero dormendo. Poi, quando gli agenti si sono avvicinati hanno visto i fori di proiettile, il sangue e la pistola che l'avvocato stringeva ancora in pugno.

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L'uomo era possessore di due pistole regolarmente denunciate. Per uccidere lui e la moglie, ha usato l'arma più potente che aveva: un revolver 357 Magnum. Una pistola di grosso calibro dagli effetti devastanti. Forse l'ha impiegata, ipotizzano gli investigatori, perché voleva essere sicuro di uccidere. Moglie e marito erano sdraiati vestiti come se stessero per uscire. Anche per questo particolare, la polizia presume che l'omicidio-suicidio si potrebbe essere verificato giovedì pomeriggio. Tra le ipotesi non si esclude il motivo economico, anche se al momento non sono ancora stati trovati riscontri.

L'APPARTAMENTO
Una casa grande, ben arredata, immersa nel verde di una palazzina moderna e di classe. I poliziotti, appoggiato su una tavolino in salotto, hanno trovato un foglio con le ultime volontà dell'omicida-suicida. Dalla lettera trasparirebbe un senso di resa da parte dell'avvocato. «Scusatemi, sono stanco di vivere». Ieri mattina è circolata una voce secondo la quale l'uomo stesse in una brutta situazione economica a tal punto da non riuscire a pagare l'affitto. Gli inquirenti avrebbero accertato che l'avvocato aveva sempre pagato ogni tipo di bolletta. Di sicuro però c'era la paura di non farcela economicamente, vera o presunta che fosse. E questo potrebbe essere stato alla base della forte depressione di cui soffriva l'uomo. «Abitavano qui da anni - racconta affranta una signora bionda - Una coppia modello. Sempre con il sorriso sia lui che la moglie. Ancora non ci posso credere». Un'altra vicina, invece, accusa un malore. «Scusate non riesco più a camminare - si rivolge la donna agli investigatori nell'androne - mi sento mancare se penso a quello che è accaduto». I poliziotti la sorreggono e la tranquillizzano. Del caso si occupano gli investigatori del commissariato Flamino Nuovo. Gli agenti vengono a sapere che i due figli maschi della coppia sono fuori Roma. Nello stabile è intervenuta la polizia scientifica che ha fatto un lungo sopralluogo nella casa e soprattutto nella camera da letto. È stata sequestrata la pistola e sono state scattate delle foto per il fascicolo che andrà al magistrato di turno. La donna è stata uccisa con un unico colpo sparato sotto il mento. Subito dopo l'avvocato - che aveva lo studio in via Poma - si è sparato alla testa. Sono stati prelevati alcuni scritti trovati in casa ed anche l'altra pistola detenuta dall'avvocato.
 

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