Il baratro Atac: costi sempre più alti, per il personale e meno investimenti

Il baratro Atac: costi sempre più alti, per il personale e meno investimenti
di Andrea Giuricin
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Mercoledì 5 Febbraio 2020, 01:24 - Ultimo aggiornamento: 01:27

Il trenino Roma-Giardinetti, che ormai limita le proprie corse a Centocelle, ha chiuso ieri improvvisamente il proprio servizio. 
La causa di questo disservizio è assurdo, poiché sembra essere infatti legato all’ammutinamento del personale. Circa 42 dei 48 macchinisti non si sono presentati al lavoro facendo uno sciopero bianco e di questi ben 37 hanno portato documenti giustificativi.

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Al di fuori del fatto che è improbabile che 37 macchinisti contemporaneamente abbiano contratto un virus, la situazione di Atac è sempre più preoccupante e questo caso solo rispecchia la situazione complicata in cui si trova l’azienda controllata dal Comune di Roma.
Tale ammutinamento dipende dal fatto che il personale operativo ha paura di un cambio di tipologia di servizio, da trenino a tramvia.
 

 


Questo cambiamento è necessario per migliorare la qualità del servizio e per aumentare la frequenza delle corse, ma prevede un eventuale cambio di tipologia di contratto per i macchinisti, che di fatto è avversato.
Tutto questo però non giustifica nemmeno lontanamente uno sciopero bianco che ha lasciato appiedato un numero importante di viaggiatori. Il servizio sostitutivo di bus infatti non può essere in grado di reggere un flusso di viaggiatori importanti come quello della Roma - Giardinetti.
 


I NUMERI
Vi è inoltre un paradosso. Nel momento in cui ATAC mostra un incremento continuo dei costi del personale in proporzione ai costi totali dell’azienda, il fatto che un servizio non sia stato effettuato per mancanza del personale è davvero assurdo.
Tra il 2014 e il 2018 i costi del personale sono cresciuti da meno del 45 per cento del totale a quasi il 58 per cento.
Un incremento delle spese correnti che tuttavia lasciano sempre meno spazio per gli investimenti.
La situazione del concordato non aiuta inoltre a migliorare la situazione, perché i fornitori sono messi sotto pressione, oltre al fatto che i creditori (in buona parte i contribuenti romani) probabilmente non vedranno più rimborsati i soldi che gli spettano.
Se le spese operative aumentano, gli investimenti invece vanno a rilento.
Per tale motivo, sorprende meno che la riapertura della fermata Barberini della Metro A sia arrivata dopo ben 11 mesi. E il fatto più assurdo è che tale fermata sia stata riaperta solo in uscita e non in entrata.
In 11 mesi non si è stati in grado di riaprire normalmente una singola fermata della metro.
D’altronde, come ricordavamo, il peso sempre maggiore dei costi operativi ed in particolare del costo del personale hanno un impatto indiretto negativo sugli investimenti. 
Un altro esempio arriva dall’età media della flotta degli autobus. Tra il 2015 e il 2018 è cresciuta da circa 10 anni ad oltre 11 anni e mezzo.
Tutte queste scelte lasciano l’azienda in forte difficoltà e i cittadini romani alle prese con un servizio di trasporto pubblico locale non soddisfacente a fronte del fatto che tra il 2009 e il 2018, ATAC ha ricevuto quasi 7 miliardi di euro di sussidi pubblici e nonostante questo ha cumulato perdite per quasi 1,4 miliardi di euro.
Un buco di 8,4 miliardi di euro in 10 anni che i contribuenti romani pagano ogni anno tramite una delle tassazioni più elevate in Italia.
Tra ammutinamenti dei Giardinetti, costi del personale in aumento e sussidi che non risolvono i problemi, ci sarebbe da chiedersi se un altro modello di trasporto pubblico sia possibile per Roma.
Sicuramente non sarà questa Giunta a dare le risposte, ma dal 2021 è necessario ripensare l’organizzazione del trasporto pubblico locale a Roma tramite una buona procedura di gara trasparente per l’assegnazione del servizio.
 

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