Anzio, proiettili e “pizzini”: la grande fuga dei dirigenti dopo le minacce

Due segretari generali e la titolare dell’Ambiente costretti alle dimissioni. Pressioni e minacce dopo avere chiesto verifiche su spiagge, rifiuti e trasparenza

Anzio, proiettili e “pizzini”: la grande fuga dei dirigenti
di Alessia Marani
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Sabato 19 Febbraio 2022, 22:29 - Ultimo aggiornamento: 20 Febbraio, 07:01

Pressioni, minacce, strani avvertimenti, persino buste con proiettili e pizzini. Chi amministra ad Anzio gioca con il fuoco. Nella cittadina si susseguono negli anni le dipartite di funzionari e dirigenti amministrativi che ricoprono ruoli chiave e settori a rischio infiltrazioni, vedi ambiente e i rifiuti. Tutti episodi su cui ora, dopo l’inchiesta dei carabinieri del Nucleo Investigativo di via In Selci e della Dda che ha portato all’arresto di 65 persone per associazione mafiosa di matrice ‘ndranghetistica e narcotraffico, molte delle quali risultate in prima linea nella campagna elettorale del giugno 2018 a favore dei vertici della politica locale, si accende una nuova luce. 

IL DEMANIO

Nell’estate del 2016 lascia il suo incarico di segretario generale Pompeo Savarino, migrato alla Regione.

Salutando, all’epoca, colleghi e cittadini, non nasconde che «ci sono state accese divergenze» con alcuni esponenti politici, ma più nel dettaglio spiegherà ai carabinieri di Anzio. Le divergenze sarebbero nate quando il funzionario apicale, a capo dell’Anticorruzione, comincia a mettere le mani sulle carte relative all’affidamento degli appalti per la pulizia delle spiagge; le pressioni si fanno sempre più pesanti e, alla fine si vedrà costretto a mollare. Non va meglio alla dottoressa Marina Inches che lo sostituirà. In quel momento sindaco di Anzio era ancora Luciano Bruschini (non indagato). Nell’agosto del 2018, però, accade qualcosa di inimmaginabile: alla Inches viene recapitata una busta con dentro un proiettile e un biglietto con su scritto «stai zitta». Un doppio messaggio che lei riconduce in parte ad alcuni “supplementi di inchiesta” che aveva svolto sull’affidamento di appalti alla cooperativa Giva, di cui era stata presidente Valentina Salsedo (non indagata), futuro assessore al turismo tra i più votati nella tornata del 2018, e in parte alla circostanza che pochi giorni prima dell’intimidazione era stata vista prendere un caffè al bar con un giornalista. Inches, in quel periodo revocò alcuni appalti e potrebbe avere creato malumori. Ma in quell’estate c’era stato un altro aspetto che ora richiede una nuova lettura: il neo-eletto Candido De Angelis (non indagato) aveva insediato la nuova Giunta e Inches sollevò obiezioni sulla presenza di personaggi che avevano avuto guai con la legge. Oggi, dopo una lunga carriera come segretario di comuni nel Monferrato, nel Bergamasco, nell’entroterra e litorale laziale, ed essere stata sottoposta a misure di sicurezza personali dai carabinieri, la funzionaria lavora negli uffici del Ministero del Tesoro. 

LE MULTE ALLA CAMASSA

Chi, invece, ogni giorno continua a recarsi a Villa Sarsina, sede del Comune di Anzio, è la dirigente di ruolo Angela Santaniello che nell’aprile 2020 si dimise dal settore Ambiente e dall’Area tecnica. Oltre alle pressioni verbali subite da parte di alcuni assessori per non essere in linea sulla vicenda Biogas (già l’ex consigliere di opposizione Gianni Del Giaccio aveva fatto notare che «mancava la documentazione di Arpa Lazio»), la donna denunciò in commissariato la sequela di tre strani danneggiamenti subiti dalla sua auto: prima un vetro rotto, poi la portiera aperta, quindi una nuova incursione in cui ignoti le avevano prima tolto poi fatto ritrovare una serie di documenti messi in ordine. In quel frangente, l’ex commissario ora in pensione, Adele Picariello, le avrebbe consigliato di non dare pubblicità all’evento «per questioni di riservatezza», motivo per cui di quei raid finora non si era mai parlato. Ma di cosa si stava occupando Santaniello? Sarà un caso, ma la dirigente aveva avviato una serie di verifiche contestando multe per 700mila euro, in applicazione delle penali per non avere onorato le deleghe d’appalto, alla Camassa Ambiente, la società per i rifiuti in cui è impiegato il figlio del boss Giacomo Madaffari. 

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