«Vuoi mettere aprire un locale con i soldi tuoi o farlo con quelli che ti danno gli altri? Il pizzo ad Anzio e Nettuno non esiste. Il sistema è molto diverso, infido. Tu non hai soldi o, a un certo punto ti mancano, bene: figuri titolare dell'attività, ma sei come un prestanome, perché poi regolarmente verserai una percentuale mensile dei tuoi incassi. Loro riciclano fiumi di denaro, battono scontrini che puliscono i proventi della droga, in due generazioni i calabresi e i loro sodali ad Anzio e Nettuno si sono mangiati la città, a noi ci hanno rovinato e loro si sono fatti un impero». Ha le lacrime agli occhi, la voce gli trema. Ha paura e da dietro al bancone prega di non rivelare il suo nome. Ma nelle parole di un giovane imprenditore di Anzio c'è tutto il tra le righe delle indagini dei carabinieri di via In Selci e della Dda di Roma e la sofferenza per non essere più cittadini liberi. Forni per il pane, bar, sale slot, concessionarie d'auto, il sistema dei rifiuti, gli appalti. «Comprano le auto dall'estero non ci pagano l'Iva e riciclano; mettono i loro uomini nei posti giusti e comandano, la città è loro, si è arresa perché non ti vengono con le lupare, si insinuano ed è un attimo rimanere invischiati. Tu per sbaglio chiedi loro un favore e loro, prima o poi, verranno a riscuotere. E alla fine tutti zitti. Ecco perché la Ndrangheta è la più forte», dice.
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Lo scenario
Anzio.
I proiettili
Al debutto in politica, nel novembre 2020 le recapitano in Comune una busta con un proiettile. Aveva osato ficcare il naso nell'assegnazione delle luminarie natalizie. «Il giorno dopo annunciai alla stampa che avrei vigilato anche sull'appalto da 72 milioni di euro per i rifiuti - spiega - Ma tutto il peso del clima mafioso lo avvertii in consiglio comunale. Mi aspettavo una solidarietà bipartisan di fronte a un fatto così grave. Non solo non arrivò dalla maggioranza, ma da vittima passai a carnefice. Il sindaco e gli altri mi accusarono di avere infangato il nome della città.
Fino ad allora c'erano stati spari contro le abitazioni di ex assessori, all'ex vicesindaco bruciarono due auto, ma era la prima volta che arrivavano avvisi a un esterno. Ho pensato che a qualcuno non facesse piacere avere nemmeno una voce fuori dal coro». Una volta ad Anzio c'era l'élite. «Adesso l'estate diventa la succursale delle piazze di spaccio romane che qui trovano casa», rivela un agente immobiliare. Lungo la banchina del porto ormai negozietti e boutique hanno lasciato ogni centimetro a tavolini e gazebo dei ristoranti. Walter Regolanti di Romolo al porto è presidente dell'associazione dei commercianti di Anzio. «Ne rappresento 2mila tra il centro, Lavinio e Lido dei Pini», sostiene e per lui il quadro è chiaro, zero tinte fosche: «Noi siamo fuori da queste logiche, aspettiamo l'esito delle indagini. Per noi non cambia niente, continuiamo a svegliarci per lavorare. Anzi. Se Anzio è la seconda città del Lazio dopo Roma per attrattiva turistica e ristorazione lo deve proprio a questa amministrazione e al sindaco. Vede un marciapiede rovinato, una buca qui? No. E i rifiuti? Sono un problema per Roma figuriamoci per le altre città». Le estorsioni? «Non ne sappiamo nulla, tra di noi nessuno le ha subite. Anche quella che mi hanno attribuito ad opera dei Di Silvio è stata una invenzione giornalistica: non sono libero di offrire una cena a un cliente?».