Ama, l'ad dimissionario Longoni: «Mai riusciti a parlare con Raggi: tra 15 giorni rischio tracollo»

Ama, l'ad dimissionario Longoni: «Mai riusciti a parlare con Raggi: tra 15 giorni rischio tracollo»
di Francesco Pacifico
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Mercoledì 2 Ottobre 2019, 07:25 - Ultimo aggiornamento: 07:55

Paolo Longoni, ad da poche ore dimissionario da Ama, racconta che ha tentato un confronto con Virginia Raggi fino alla fine.
«Io e gli altri ex membri del Cda l'abbiamo cercata una settimana fa per chiederle un incontro. Dalla sua segreteria ci hanno risposto che ci avrebbero contattato. Non l'hanno fatto».

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Roma va verso l'emergenza?
«Tra quindici giorni la città avrà grossissimi problemi. Io non uso il termine emergenza, ma con la fine dell'ordinanza regionale che dispone il trattamento obbligatorio dei rifiuti della città - e che finora non è stata rispettata - ci ritroveremo a patire ancora di più la carenza di impianti dove lavorare e depositare i rifiuti e le difficoltà di Ama di trasferire l'indifferenziato».
 



Avrà anche lei qualche responsabilità.
«Noi siamo rimasti in carica per tre mesi e ieri mattina il direttore operativo, Massimo Ranieri, pur sapendo che due ore dopo si sarebbe dimesso, ha incontrato i vertici di Hera per chiedere loro di prendere i rifiuti di Roma nei loro inceneritori in Emilia-Romagna. Perché tutti gli impianti del Lazio ci hanno risposto di no. E Ranieri l'ha fatto soltanto per spirito di servizio».

Ha accusato il Comune di inerzia e di avervi isolato.
«Noi volevamo anche resistere, ma ci siamo dimessi quando non abbiamo avuto più la fiducia del socio. Ama e il Comune sono la stessa cosa. Allora che senso ha dire, come ha fatto il Campidoglio, che il denaro dato all'azienda è sottratto ai cittadini?».

Si riferisce ai 18,3 milioni di euro per i servizi cimiteriali che il Comune dice di non dovervi pagare? E che ha portato allo stallo del bilancio?
«Quei 18 milioni e la decisione di svalutarli o meno non sono mai stati un problema. Sono inseriti tra gli attivi di bilancio, ma contemporaneamente sono congelati e compresi anche tra le passività potenziali. In sostanza non erano soldi in più che il Comune avrebbe dovuto girarci».

Quando vi ha chiamato, Raggi vi ha chiesto di non inserirli tra i crediti a rischio come aveva fatto il suo predecessore.
«È falso. Quando abbiamo avuto il mandato, abbiamo concordato che per questa posta in bilancio avremo trovato la soluzione migliore contabile, ma soltanto dopo una due diligence del Comune. Come prevede una delibera della giunta dello scorso febbraio. L'istruttoria, credo, sia ancora in corso. Allo stesso modo abbiamo detto alla giunta dall'inizio che gli impianti andavano fatti».

Compresa una discarica?
«È inserita, per il territorio di Roma, nel piano dei rifiuti della Regione scritto in accordo con il ministero dell'Ambiente. Anche perché l'unica esistente nel Lazio, quella di Colleferro, sta per chiudere. Posso dire che in una prospettiva virtuosa, se si lavora sull'indifferenziata, nel medio e lungo termine la necessità di una discarica cessa. Ma nel breve termine Colleferro chiude e questa è l'unica strada per liberarsi dal giogo dei privati».

Che eredità crede di lasciare?
«Un piano operativo per Roma Capitale che evita l'emergenza».

Ma è stato bocciato.
«Veramente il Comune ci ha semplicemente risposto che il piano, prima di essere approvato, andava concordato con il Comune. Che è un'aberrazione etica e giuridica».
 

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