Ama sotto inchiesta per Rocca Cencia: «Danni alla salute per i rifiuti di Roma»

«Danni alla salute per i rifiuti di Roma», Ama sotto inchiesta
di Francesco Pacifico e Giuseppe Scarpa
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Martedì 14 Luglio 2020, 00:26 - Ultimo aggiornamento: 10:02

L’inchiesta era partita dai miasmi, dalla puzza prodotti dall’impianto di lavorazione della spazzatura, denunciati in vari esposti dai residenti. Ma i magistrati sono andati ben oltre, convinti che il Tmb di Rocca Cencia, nella parte est di Roma, non sia strutturalmente idoneo a trattare una parte di rifiuti (l’organico), che lavori più materiale di quanto previsto e che non garantisca la totale sicurezza ai suoi dipendenti. Nuova tegola giudiziaria per Ama. Su decisione della Procura di Roma - che ha anche indagato sei tra attuali ed ex manager della municipalizzata - ieri i carabinieri del Noe hanno sequestrato una parte del Tmb, cioè l’impianto che separa nel rifiuto indifferenziato la parte secca (che poi diventa combustibile o finisce in discarica) da quella organica, poi trasformata in fos, in terriccio con il quale per esempio si coprono gli impianti in disuso. 

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Precisamente la parte sequestrata è quella relativa alla “stabilizzazione”, alla messa in sicurezza, della parte umida. Il gip ha nominato poi il commissario giudiziario Luigi Palumbo, che ricopre lo stesso ruolo per il consorzio Colari, cioè la società di Manlio Cerroni, che gestisce poco lontano due Tmb a Malagrotta. Al momento il sito continua a funzionare, ma sarà Palumbo a decidere se interrompere le lavorazioni per fare le manutenzioni, come chiede la procura. 
 

 


Quest’inchiesta può avere forti ripercussioni per Ama e per la già problematica gestione del ciclo dei rifiuti romani: intanto perché quello di Rocca Cencia è l’unico Tmb funzionante di proprietà dell’azienda (l’altro, quello del Salario, è bruciato in un incendio nel 2018) vuoi perché la parte organica rappresenta circa il 30 per cento delle 700 tonnellate di spazzatura indifferenziata che ogni giorno vengono mandate all’impianto di Roma Est per essere trattate. In caso di chiusura di Rocca Cencia - ipotesi smentita dalla stessa Ama - bisognerà trovare un altro posto dove inviare questo materiale.

L’atto è stato firmato dal gip Paolo Andrea Taviano, su richiesta dei pm Carlo Villani e Luigia Spinelli. Come detto, sono indagati sei tra manager attuali di Ama o andati in pensione come Massimo Bagatti (ex direttore operativo ora all’ufficio studi), Stefano Bina (ex direttore generale), Marco Casonato (direttore operativo), Emanuele Lategano (responsabile impiantistica), Riccardo Stracqualursi (responsabile del sito di Rocca Cencia) e Pietro Zotti (ex responsabile degli impianti). I manager sono indagati, in concorso per «attività di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione di rifiuti in mancanza della prescritta autorizzazione, iscrizione o comunicazione», come previsto dall’articolo 256 del codice ambientale.

L’inchiesta verte su tre filoni. In primo luogo nel mirino finisce la qualità del trattamento sulla parte organica. Secondo la Procura, Ama produce in strutture obsolete «rifiuti che presentano ancora caratteristiche di putrescibilità e che quindi non possono essere identificati dal gestore come frazione organica stabilizzata (Fos)». Tradotto, esce “sporco” come è entrato. Di più, non soltanto questo materiale dovrebbe andare, stando ai magistrati, in discariche per rifiuti speciali inerti, ma Ama viene anche accusata di «non aver effettuato interventi funzionali e/o strutturali allo scopo di rendere la sezione idonea agli scopi di progetto», pur essendo segnalato il problema dall’Arpa già nel 2015 e più in una relazione più corposa nel 2018. Per la cronaca la municipalizzata romana fa sapere di aver iniziato le operazioni di manutenzione, frenate prima dalle emergenze rifiuti, poi dal lockdown durante la pandemia di Covid. 
Gli stessi pm, poi, lamentano che l’azienda ha lavorato più rifiuti del dovuto rispetto all’autorizzazione ottenuta presente dall’Aia e che nell’impianto non vengano rispettate alcune norme sulla sicurezza dei dipendenti, visto che i presidi antincendio non sono adeguati, mancano le sanificazioni e le derattizzazioni necessarie, mentre i cingolati per la movimentazione dei materiali potrebbero ribaltarsi perché si muovono su cumuli di immondizia, quindi su un fondo irregolare, oppure perché il raggio di azione del braccio meccanico dell’escavatore è minore rispetto allo spazio che sarebbe necessario tanto da rischiare di «danneggiare» le palazzine e i capannoni dove avvengono le lavorazioni.
 

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