Roma, «Pagava di più la moglie»: silurato top manager Ama

L'accusa: alla consorte funzionaria doppio scatto, ma non aveva competenze

Marcello Bronzetti
di Lorenzo De Cicco
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Sabato 22 Gennaio 2022, 07:18 - Ultimo aggiornamento: 23 Gennaio, 02:00

Un doppio scatto in busta paga per la moglie. Oltre 500 euro in più ogni mese, per due anni. E lui era il capo. L'Ama ha appena messo alla porta uno dei top manager dell'era Raggi. È Marcello Bronzetti, fino a novembre potente direttore del Personale dell'azienda dei rifiuti, il dominus di un corpaccione irrequieto di oltre 7.400 fra netturbini, spazzini e travet. Negli anni del governo pentastellato, Bronzetti è stato di fatto il numero due della partecipata. Fedelissimo di Stefano Zaghis, il manager milanese chiamato a ottobre del 2019 dalla sindaca grillina come amministratore unico, dimissionario dopo l'insediamento di Gualtieri.

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LA SCALATA
La storia dell'uscita di Bronzetti intreccia le contestazioni, molto dure, mosse dai nuovi vertici scelti dal sindaco dem. Ma anche le faide interne al colosso comunale, iper-sindacalizzato e da sempre oggetto di spoils system. Bronzetti con molte sigle sindacali ha avuto scontri ruvidi. Un pezzo di Pd non lo digeriva perché si era messo al servizio dell'azienda durante l'avventura grillina. Ecco i fatti, quindi: con Zaghis, Bronzetti da dirigente delle Risorse umane, ne è diventato il capo, a novembre 2019. E da quella postazione, secondo l'accusa che Ama ha formalizzato pochi giorni fa, avrebbe permesso alla consorte di rimanere per due anni sulla tolda di comando dell'Ufficio formazione. Con i galloni di «responsabile», pur non avendo, secondo la tesi della partecipata, «le relative capacità e competenze». Bronzetti - stipendio da 127mila euro all'anno - era a conoscenza del fatto che la moglie non avesse le qualifiche adatte? Secondo la lettera di contestazione della società, sì.
La moglie di Bronzetti al momento della promozione, avvenuta quando il marito era un dirigente dell'ufficio Personale, ma non ancora il capo, avrebbe «mancato il raggiungimento delle valutazioni necessarie per il conseguimento del livello». Avrebbe quindi intascato uno stipendio da fascia «7», pur provenendo «da un inquadramento di livello 5». Traducendo dal burocratese, il balzo è da circa 2.100 euro lordi in busta paga a 2.600 (così dicono le tabelle del contratto nazionale del settore). Una volta arrivato al timone delle Risorse umane, Bronzetti non ha mai rimosso la moglie, pur sapendo, secondo Ama, delle «gravi anomalie». «Dalla documentazione in atti - si legge tra le contestazioni - emerge che, malgrado le segnalazioni ricevute (prima verbalmente e successivamente anche per iscritto in data 16.12.2019) circa una grave anomalia rispetto all'inquadramento di una risorsa alle dirette dipendenze della Direzione di cui Lei era il responsabile, Lei ometteva qualsiasi provvedimento di regolarizzazione e procrastinava illegittimamente tale situazione, mediante strumentali richieste di chiarimenti e comunicazioni interlocutorie, permettendo alla risorsa, a lei legata da vincolo matrimoniale, il protratto svolgimento di mansioni di responsabile, in assenza delle relative capacità e competenze per oltre 2 anni».
Un comportamento, secondo Ama, «omissivo nei confronti di una risorsa per cui Lei nutre diretto interesse, in palese violazione del Codice etico» e che avrebbe prodotto «un danno economico, quantificabile quantomeno nelle differenze di retribuzione».

Non è l'unica contestazione mossa da Ama contro l'ex top manager: nella lettera si parla di un'assunzione «in assenza di prova selettiva» e di presunti ritardi nelle visite ai netturbini «inidonei». Bronzetti, ex carabiniere, 30 anni all'Ama, dopo le elezioni era stato trasferito negli uffici municipali dell'azienda. Contattato, non ha voluto rilasciare dichiarazioni. Secondo fonti aziendali ieri, dopo la lettera in cui veniva minacciato il suo allontanamento, ha firmato la risoluzione consensuale del contratto.

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