Roma, Ama: debiti coperti con i fondi
della Tari. Indagati 4 dirigenti

Roma, Ama: debiti coperti con i fondi della Tari. Indagati 4 dirigenti
di Michela Allegri
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Mercoledì 13 Maggio 2020, 09:42
È un quadro di confusione aziendale, di caos e di irregolarità contabili, e di soldi distratti per pagare i debiti quello che emerge dall’ultima maxi-inchiesta della procura di Roma sul bilancio della municipalizzata dei rifiuti. Di scappatoie per aggirare la burocrazia e, soprattutto, per fare apparire più floride le casse dell’azienda comunale, in modo da non perdere l’appoggio e la fiducia delle banche. In realtà si trattava di un imbroglio: mentre i conti della municipalizzata erano più in rosso che mai, tra il 2016 e il 2017, oltre 250 milioni di euro sarebbero stati messi a bilancio in modo illegittimo, e utilizzati per pagare i creditori. Quei soldi derivavano dalla riscossione da parte di Ama della tassa sui rifiuti destinata al Campidoglio. Invece di essere ceduti al Comune, sarebbero stati utilizzati illecitamente per appianare i debiti con le banche: l’ultimo pagamento è recentissimo, risale alla fine del 2019. Un escamotage che costa ora l’accusa di false comunicazioni sociali all’ex presidente del consiglio di amministrazione, Daniele Fortini, in carica dal 2014 al 2016, a Rodolfo Murra - ex capo dell’avvocatura comunale - e Carolina Cirillo, consiglieri del Cda dal 27 gennaio 2014 al 4 agosto 2016. I quegli anni avrebbero messo a bilancio più di 140 milioni di euro. Indagata anche Antonella Giglio, amministratore unico tra il 2016 e il 2017 che, con lo stesso sistema, avrebbe “accantonato” in modo irregolare 118 milioni di euro. Le pm Luigia Spinelli e Claudia Terracina hanno inviato a tutti e quattro un avviso di garanzia. Sotto inchiesta c’è anche l’azienda comunale, nella persona del legale rappresentate Stefano Zaghis, visto che, come si legge negli atti, «i reati di falso in bilancio» sarebbero stati commessi dagli amministratori di Ama «nell’interesse e a vantaggio della società».
I DOCUMENTI
Ieri i finanzieri del nucleo Pef di Roma hanno sequestrato documenti sia nella sede di Ama che in due istituti di credito: la Popolare di Sondrio e la Bnl gruppo Bnp Paribas. Si tratta degli estratti dei conti intestati ad Ama dove sono stati canalizzati i versamenti a titolo di Tares e Tari dovuti a Roma Capitale, dal 2013 a oggi, degli estratti conto che riepilogano tutte le operazioni effettuate. Gli investigatori hanno preso poi gli incartamenti relativi al contratto di ristrutturazione del debito di Ama, alle rate versate, agli accordi tra banche finanziatrici, alle linee di credito e di garanzia. Il punto è che i 250 milioni dovuti al Campidoglio non sarebbero stati indicati in modo separato nel bilancio e sarebbero stati utilizzati per rafforzare la posizione di liquidità dell’azienda. Nel decreto di sequestro si legge che Fortini, Murra e la Cirillo, avrebbero inserito nel bilancio 2015 l’importo di 140,5 milioni «quale finanza propria della società», senza separare la quota della Tari che l’azienda riscuoteva per conto del Comune. Altri 118 milioni sarebbero stati invece indicati nel bilancio 2016 dalla Giglio. Una scappatoia irregolare, per l’accusa, visto che «la Tari è un’entrata tributaria spettante esclusivamente a Roma Capitale» ed è riscossa da Ama per conto del Campidoglio, «non fa parte del suo patrimonio e dunque dovrebbe essere indisponibile per la partecipata». Per i magistrati, dai bilanci di Ama tra il 2013 e il 2016 emerge un «quadro aziendale caratterizzato da una totale confusione fra il patrimonio proprio e il patrimonio di pertinenza di Roma Capitale». Un caos reso palese da una relazione ispettiva della Bce sulla Popolare di Sondrio, dove è acceso il conto intestato all’Ama relativo alla Tari. La relazione è del marzo 2020 ed è stata trasmessa ai pm dal Dipartimento di vigilanza della Banca d’Italia. Un passaggio è significativo: dal 2013 a oggi, Ama avrebbe dovuto riscuotere per conto del Comune più di 5 miliardi di euro. Ma nei bilanci dal 2013 al 2016 (l’ultimo disponibile) questi dati sarebbero stati sistematicamente omessi.
LA CORTE DEI CONTI
Sul caso indaga anche la Corte dei conti, che sta ancora valutando se contestare il danno milionario.
Ma non è tutto: se i magistrati contabili decidessero di applicare anche le penali ipotizzate dalla Finanza in un’informativa, la cifra aumenterebbe in modo esponenziale.
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