I DOCUMENTI
Ieri i finanzieri del nucleo Pef di Roma hanno sequestrato documenti sia nella sede di Ama che in due istituti di credito: la Popolare di Sondrio e la Bnl gruppo Bnp Paribas. Si tratta degli estratti dei conti intestati ad Ama dove sono stati canalizzati i versamenti a titolo di Tares e Tari dovuti a Roma Capitale, dal 2013 a oggi, degli estratti conto che riepilogano tutte le operazioni effettuate. Gli investigatori hanno preso poi gli incartamenti relativi al contratto di ristrutturazione del debito di Ama, alle rate versate, agli accordi tra banche finanziatrici, alle linee di credito e di garanzia. Il punto è che i 250 milioni dovuti al Campidoglio non sarebbero stati indicati in modo separato nel bilancio e sarebbero stati utilizzati per rafforzare la posizione di liquidità dell’azienda. Nel decreto di sequestro si legge che Fortini, Murra e la Cirillo, avrebbero inserito nel bilancio 2015 l’importo di 140,5 milioni «quale finanza propria della società», senza separare la quota della Tari che l’azienda riscuoteva per conto del Comune. Altri 118 milioni sarebbero stati invece indicati nel bilancio 2016 dalla Giglio. Una scappatoia irregolare, per l’accusa, visto che «la Tari è un’entrata tributaria spettante esclusivamente a Roma Capitale» ed è riscossa da Ama per conto del Campidoglio, «non fa parte del suo patrimonio e dunque dovrebbe essere indisponibile per la partecipata». Per i magistrati, dai bilanci di Ama tra il 2013 e il 2016 emerge un «quadro aziendale caratterizzato da una totale confusione fra il patrimonio proprio e il patrimonio di pertinenza di Roma Capitale». Un caos reso palese da una relazione ispettiva della Bce sulla Popolare di Sondrio, dove è acceso il conto intestato all’Ama relativo alla Tari. La relazione è del marzo 2020 ed è stata trasmessa ai pm dal Dipartimento di vigilanza della Banca d’Italia. Un passaggio è significativo: dal 2013 a oggi, Ama avrebbe dovuto riscuotere per conto del Comune più di 5 miliardi di euro. Ma nei bilanci dal 2013 al 2016 (l’ultimo disponibile) questi dati sarebbero stati sistematicamente omessi.
LA CORTE DEI CONTI
Sul caso indaga anche la Corte dei conti, che sta ancora valutando se contestare il danno milionario.
Ma non è tutto: se i magistrati contabili decidessero di applicare anche le penali ipotizzate dalla Finanza in un’informativa, la cifra aumenterebbe in modo esponenziale.
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