Roma, le miniature di Herat per salvare le giovani studentesse afghane

Roma, le miniature di Herat per salvare le giovani studentesse afghane
di Rossella Fabiani
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Martedì 8 Marzo 2022, 16:28 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 10:59

Elaha Rahgozar è una ragazza afghana. Ha appena compiuto 16 anni, ma è già un’artista apprezzata. E’ una pittrice che, nell’ottobre scorso, quando i talebani sono entrati a Kabul e hanno preso il controllo di tutto il Paese, è riuscita a fuggire in Italia con il ponte aereo organizzato in quelle drammatiche giornate. Elaha sa di essere fortunata. Ma non ha dimenticato le sue amiche: le sue compagne della facoltà di Belle Arti dell’Università di Herat, che ora è chiusa, e che sono rimaste in Afghanistan perché non ce l’hanno fatta a salire su uno di quegli aerei verso una vita normale. E così Elaha ha avuto un’idea: vendere tutte le sue opere – per lo più miniature – per mettere insieme i soldi necessari a pagare i passaporti, i visti e i biglietti per consentire anche alle sue amiche di andare via dall’Afghanistan per continuare a studiare a Roma.

La mostra delle miniature di Elaha Rahgozar è stata inaugurata nella Casa internazionale delle Donne a Trastevere, in via della Lungara 19, e rimarrà aperta fino a giovedì 10.

L’esposizione ha per titolo “Her hair e altre vie per la libertà”. Oltre alle opere della giovane Elaha Rahgozar sono esposte alcune miniature di altre studentesse della facoltà di Belle Arti di Herat che Elaha e suo padre sono riusciti a portare via prima che i talebani la chiudessero. Sono dipinti di Susan Mahmoudi, Nasima Soltani, Fatema Nazari, Faeza Tavana, Homa Hakimi, Nabila Vahabzadeh, Sadaf Saeedi, Fereshta Navabi. Prima dell’inaugurazione di questa mostra davvero particolare, c’è stato un incontro tra esponenti della comunità afghana di Roma con Shaharzad Akbar, presidente uscente della Commissione indipendente afghana per i Diritti umani, in cui si è parlato – alla vigilia dell’8 marzo – della difficile situazione in cui vivono le donne oggi in Afghanistan.

Elaha è una figlia d’arte: suo padre, il professor Nazir Rahgozar, insegnava alla facoltà di Belle Arti dell’Università di Herat e in città aveva anche una galleria d’arte che è stato costretto a chiudere all’arrivo dei talebani. Nell’ottobre dello scorso anno, dopo settimane di attesa a Kabul, è riuscita a essere inserita, insieme alla famiglia, in una lista di evacuazione e finalmente ha raggiunto Roma dove, con altri esponenti della comunità afghana, si è molto adoperata perché l’Università di Roma “La Sapienza” concedesse delle borsa di studio alle sue amiche e a tutte le ragazze – una trentina – che frequentavano la facoltà. Ma adesso serve il denaro necessario per il viaggio e per ottenere i passaporti e il visto.

Oggi Elaha si è trasferita a Parigi dove il padre ha ottenuto una cattedra all’Inalco (Institut national des langues et civilisations orientales), ma ha lasciato le sue opere alla Casa internazionale delle Donne perché il ricavato della vendita possa servire al trasferimento delle altre giovani artiste che sono ancora bloccate in Afghanistan. Non solo. La comunità afghana, che ha dato vita alla mostra, vuole creare a Roma la ‘Scuola di Herat in esilio’, definita “uno spazio di relazione tra chi dà e chi cerca rifugio” da Morteza Khaleghi uno degli organizzatori dell’iniziativa. “Roma ha un posto importante nell'immaginario degli afgani e può diventare un centro culturale di riferimento per la diaspora afgana nel mondo”. E la ‘Scuola di Herat in esilio’ può essere “uno spazio fisico dedicato all’incontro tra gli studenti che arrivano dall’Afghanistan a Roma per tenere vive tradizioni artistiche, come quella delle miniature di Herat, oggi ridotte al silenzio dai talebani”.

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