Roma, sfiduciata la capogruppo Pd a Montesacro: il campo largo in vista delle regionali è indigesto

Lo schema regionale del campo largo traballa

Sfiduciata la capogruppo Pd a Montesacro: il campo largo in vista delle regionali è indigesto
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Venerdì 14 Ottobre 2022, 15:44 - Ultimo aggiornamento: 15:47

Elezioni nel Lazio. I dem vogliono mantenere lo schema del campo largo e quindi blindare l'alleanza che vige nell'attuale giunta per trasferirla anche nella prossima, imminente campagna elettorale. Il Pd infatti vuole tenere dentro il campo largo: il Movimento 5 stelle, il Terzo polo e le liste di ispirazione civica che hanno eletto Roberto Gualtieri. Ma non sembra opinione condivisa, visto quel che sta accadendo nel Municipio III. 

Ieri la capogruppo del Pd, Federica Rampini, è stata sfiduciata da sei consiglieri dem su dieci. Sarà sostituita da Simona Sortino. La sfiducia arriva pochi giorni dopo il primo cambio nella giunta del minisindaco Paolo Marchionne. Via l'assessore alla Cultura, Christian Raimo, al secondo mandato ed espressione di Roma futura, dentro Luca Blasi, proveniente dall'associazionismo territoriale: assume la delega di Raimo ma anche le Politiche abitative finora in capo a Maria Concetta Romano, esponente del Pd in giunta. All'ingresso in giunta di Blasi, che incassa il sostegno delle due liste Rf e Sce, corrisponde anche il ritorno in maggioranza del consigliere di Sce, Simone Filomena, finora all'opposizione.

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Partito democratico spaccato

Tradotto: nuovi equilibri, che però lasciano ancora una volta fuori dalla giunta una fetta dei dem e la lista Civica Gualtieri. E mutano presto in malumori. Rampini ritiene che la goccia che ha fatto traboccare i già precari equilibri, sia stato il voto, ieri in Aula, su una mozione presentata da Azione in sostegno al termovalorizzatore. Una parte dei dem avrebbe voluto astenersi o votare contro, come fatto dagli altri gruppi di centrosinistra (Rf e Sce), un'altra parte invece era per il via libera. Alla fine il gruppo ha votato compatto e approvato l'atto: ordine di scuderia dall'alto.

«Due sere fa c'è stata una riunione del Pd dove era presente Marchionne e durante la quale è stato ribadito che la linea del Partito democratico all'interno dell'azione amministrativa sul territorio deve essere in linea con il Pd capitolino», spiega il presidente dell'Aula di piazza Sempione, Filippo Laguzzi, che sostiene Rampini, insieme ad altri due consiglieri dem, Nicoletta Funghi e Antonio Comito.

Per il presidente Marchionne però si tratta di «una ricostruzione fantasiosa. Il gruppo dem ha votato compatto, siamo tutti del Pd e c'è un pluralismo per fortuna - chiarisce il minisindaco - ma non è sulla vicenda del termovalorizzatore che si è creata una frattura».

E infatti prima di quest'episodio altre tensioni avevano causato malumori in maggioranza. «Questioni legate alla legalità e alla trasparenza», spiega Rampini. «In Municipio abbiamo un impianto sportivo occupato al Tufello e non si sono mai prese posizioni in questo senso. Inoltre - aggiunge - sono stata molto dura quando la giunta ha assegnato direttamente un appartamento confiscato alla mafia a una famiglia. Se la linea è quella dei centri sociali e della sinistra radicale c'è anche la necessità politica di avere un capogruppo che sia in linea con il presidente del Municipio, che non è la linea del Partito democratico». E, a termine di un anno di incomprensioni, a chiudere il cerchio arriva il nuovo assessore al Diritto all'abitare, Luca Blasi appunto, che sulle materie contestate avrà potere decisionale. Il nodo vero è dunque politico: «Ci siamo trovati ostaggio di una giunta che ha avuto tre assessori di Roma futura e nessuno di Sinistra civica ecologista o della lista Civica Gualtieri: è ovvio che non passa la linea politica del Pd», conclude Rampini.

Sullo sfondo ci sono le elezioni regionali: l'ordine diramato dal Pd del Lazio è ricucire le fratture nei territori. E il Municipio III, insieme al X e al XIII, è uno di quelli in cui ci sono stati problemi con le liste minori del centrosinistra fin dall'insediamento. Il presidente Marchionne però aveva tirato dritto e assegnato le deleghe. «In modo squilibrato», secondo alcuni esponenti dem del suo territorio. Tre assessori (Matteo Zocchi, Maria Concetta Romano e Christian Raimo) a Roma futura, che sul territorio aveva raggiunto il 5,48 per cento; due al Pd (Paola Ilari e la figura tecnica Biancamaria Rizzo), con i dem che avevano fatto il 19,2 per cento. Uno outsider (Matteo Pietrosante), proveniente da Leu ma già in maggioranza con Caudo. Nessuna rappresentanza invece per la lista Civica Gualtieri e per Sce, la prima uscita dalle elezioni con il 4,95 per cento e la seconda con il 2,53 per cento. Il diretto interessato, Marchionne, ora conferma: «Le dimissioni di Christian Raimo sono state l'occasione per ricucire e rilanciare la coalizione di centrosinistra, recuperando il rapporto con Sce». Ma sulla sostituzione del capogruppo del Pd respinge le accuse: «Non ne sono artefice, è una scelta legittima delle consigliere e dei consiglieri che durante una lunga riunione hanno avanzato questa richiesta. Capisco che la scelta possa deludere qualcuno, ma io la rispetto».

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