Mimetica, pistola e minacce per fare cassa col divorzio: vigilantes di Roma si fingeva carabiniere. «Posso fare ciò che voglio»

L'uomo pressava l’ex marito della compagna per farle ottenere un mantenimento più alto: condannato a 6 mesi

Mimetica, pistola e minacce per fare cassa col divorzio: vigilantes di Roma si fingeva carabiniere. «Posso fare ciò che voglio»
di Michela Allegri
4 Minuti di Lettura
Lunedì 13 Marzo 2023, 06:52 - Ultimo aggiornamento: 14 Marzo, 08:53

Era solo «chiacchiere e distintivo», per usare la celebre citazione di Robert De Niro del film "Gli intoccabili". Anche se poi il distintivo non era suo e le chiacchiere avevano finalità minatorie. Mercoledì scorso un vigilantes romano è stato condannato a sei mesi di reclusione con l'accusa di violenza privata dal tribunale monocratico di Roma: la prima volta indossando una tuta mimetica e le altre due spacciandosi per un carabiniere - con tanto di distintivo e pistola d'ordinanza alla mano -, si era presentato nell'esercizio commerciale dell'ex marito della sua compagna con l'obiettivo di spaventarlo e fare ottenere a lei un assegno di mantenimento più alto. In quel periodo, infatti, i due coniugi stavano divorziando e non riuscivano a trovare un accordo economico davanti al giudice. La guardia giurata, quindi, per aiutare la sua donna, aveva escogitato un sistema per incutere pressioni sull'ex marito di lei.

Roma e la moglie fuori controllo: pugni, mosse di karate e lanci di bottiglie contro marito e figli. «Dovete morire»


LA VICENDA
La vicenda risale al periodo tra l'ottobre e novembre del 2017.

Era pieno pomeriggio quando l'imputato, minaccioso e determinato, si era presentato tre volte nel negozio della vittima. La prima volta indossava un'uniforme mimetica, aveva lo stemma dell'Arma dei carabinieri appeso al collo e aveva posizionato in modo che fosse «ben visibile» - come si legge nel capo di imputazione - la pistola di ordinanza, una Glock calibro 9x21 che deteneva regolarmente in quanto, appunto, vigilantes. Aveva cominciato a guardarsi intorno e a fissare la vittima, probabilmente per intimidirla. La seconda volta era tornato nell'esercizio commerciale dell'ex marito della sua compagna vestito con abiti civili, ma sempre esibendo lo stemma dell'Arma: aveva preso in prestito il distintivo del padre, carabiniere. Quel giorno aveva detto di essere a sua volta un capitano dei carabinieri. A quel punto, secondo l'accusa (sostenuta in aula dal pubblico ministero Mario Pesci), avrebbe minacciato il titolare dicendo «di poter fare in modo che fosse sottoposto ad accertamenti fiscali e accertamenti di carattere penale in relazione alla sua attività commerciale, asserendo - si legge ancora negli atti della Procura - di aver già raccolto e di essere in possesso di documentazione al riguardo». La guardia giurata, non contenta, si era presentata nel negozio una terza volta, il 27 novembre del 2017, «scattando fotografie all'esterno e all'interno della struttura e alle automobili parcheggiate lì davanti», si legge nel capo di imputazione. Il tutto mentre erano presenti dei clienti. Nonostante la vittima avesse chiesto all'imputato di andare via, visto che sapeva che si trattava del nuovo compagno della sua ex moglie, l'uomo gli si era avvicinato «con fare minaccioso» e gli aveva risposto con arroganza: «Posso fare ciò che voglio».

Ostia, sequestra il presunto amante della ex: «Non devi rubare le donne degli altri»


LA SENTENZA
Per il giudice, invece, il vigilantes non poteva avere quei comportamenti arroganti e, per questo motivo, mercoledì scorso lo ha condannato a sei mesi di reclusione con l'accusa di violenza privata. Era imputato anche per aver omesso di denunciare alla polizia il nuovo luogo in cui deteneva la pistola e 50 cartucce. Infatti dalle indagini è emerso che teneva la Glock nell'abitazione della sua compagna, nonostante fosse denunciata come detenuta presso il suo luogo di residenza. Tuttavia, per questo reato, è stato prosciolto in quanto prescritto.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA