Il prossimo anno sarà dilagante in città e «poi ci saranno i primi danni alle colture del Lazio, a cominciare da angurie, meloni, kiwi». Raffaele Cirone, presidente della Fai, la Federazione degli apicoltori italiani, parla chiaro: la vespa orientale che sta arrivando con sempre maggiore prepotenza a Roma sta scatenando allarme negli apicoltori. E, a cascata, l’effetto sarà nel mondo agricolo. Il percorso è semplice: la vespa orientale mangia le api, che hanno il compito di impollinare, e quindi di moltiplicare le piante da frutto. Per questo, con meno api il rischio è di colture più magre.
LE CENTRALINE
La Fai, grazie anche a una collaborazione con Confagricoltura avviata da anni, ha alcuni alveari nel centro di Roma che servono sia a monitorare il livello di metalli pesanti e Pm10 in aria sia a capire quale potrebbe essere l’effetto di un altro insetto predatore nella popolazione delle api capitoline.
COSA STA SUCCEDENDO
Per il biologo Francesco Petretti la crisi delle api è dovuta da tre fattori: «L’inquinamento, l’uso di insetticidi e antizanzare e solo poi per la vespa orientalis». Ma tra i quartieri romani è in atto una sorta di guerra silenziosa tra questi insetti e i più comuni calabroni. «In città la vespa crabro sta passando il testimone alla vespa orientalis perché è una specie che qui ha più chance: è un animale che ha maggiori capacità di resistenza alla presenza dell’uomo - dice - Non è ormai una specie aliena ma da alcuni decenni sta facendo un’espansione del suo areale e per questa ragione i calabroni si spostano verso la provincia. Per far sopravvivere di più le api ci vuole meno smog, meno trattamenti indiscriminati per la lotta alle zanzare e una campagna per promuovere la diffusione sui terrazzi e nei giardini di piante che danno nettare».
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