Wanted, ricercati. L’identikit dei truffatori dei tassisti è disegnato, la lista nera si allunga. Si tratta di una coppia di romani che sale, si fa accompagnare dove vuole in giro per la città, ma poi alla fine della corsa, scende e non paga. I due chiamano il taxi un po’ dappertutto ma principalmente salgono nella zona tra Prenestina e Termini. Lui ha i baffi, un cappello da baseball calzato sulla testa e gli occhiali da sole, lei acqua e sapone, i capelli neri a caschetto, sembra un personaggio anonimo e invece la fa da protagonista. Viaggiano in silenzio, si capiscono con gli sguardi. Una volta arrivati a destinazione, cominciano a inventare mille scuse (sempre diverse), e vanno via senza scucire un euro. I tassisti del 3570 (la cooperativa più grande a Roma) hanno messo su una chat su Telegram dove fanno squadra e segnalano quelli che per loro sono veri e propri “ricercati”. Un modo per difendersi nella giungla metropolitana. «Lo facciamo per mettere in guardia gli altri ed evitare che si possano mettere in guai più grandi, specie durante la notte. Ma segnaliamo anche chi sale senza pagare», dice l’autista di Varese 6.
«Un nostro collega ha trovato le foto su Instagram di una ragazza che ha appena preso il suo taxi e non ha più pagato.
LE METE PREFERITE
Bruno, autista di Varese 6, continua a raccontare della coppia di scrocconi: «Della loro vita privata si sa molto poco - dice - Solitamente salgono insieme, quindi è anche più facile individuarli». Non sono i soli. I tassisti di Samarcanda (065551) hanno una “chat sos” dove si girano i video presi dalle telecamere con i volti dei clienti che non pagano. Si sanno informazioni, descrivono il modus operandi e i tragitti a rischio. «Il rischio è ormai molto frequente - dice Mario un tassista di Samarcanda - C’è una coppia che sale a Ponte Milvio, tossici crediamo come molti altri, abbiamo i loro fotogrammi». C’è chi dice «aspetta qui torniamo subito», chi nemmeno fa la parte. «Se provi a dire qualcosa parte la discussione e in alcune zone di Roma poco tranquille non è il caso». Sì perché i tragitti terminano spesso «nelle maggiori piazze di spaccio della capitale, al tassista il più delle volte conviene mandare giù il rospo». «Una piaga del nostro lavoro, alla centrale segnaliamo il cliente poco affidabile così gli bloccano il cellulare, ma se ci ferma per strada, c’è poco da fare...». Dal 2012 anche per questo i tassisti non hanno più nome e cognome sulla targhetta della licenza ma solo il numero. Fu fatto togliere perché molti soggetti li avevano minacciati che se avessero denunciati «avevano nome e cognome», insomma li andavano a cercare. Una giungla dove grazie a chat e social i tassisti si aiutano a prevenire truffe e guai. «L’unico modo che abbiamo per proteggerci è l’uso delle telecamere e della tecnologia, specie di notte - commenta Alessandro Genovese, tassista di Samarcanda - specie di notte. Abbiamo anche un tasto allarme sotto il cruscotto con cui possiamo subito allertare la centrale che a sua volta con il Gps vede dove siamo e ci manda in soccorso le forze dell’ordine».
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