Il prefetto di Roma, Bruno Frattasi: «Stop agli insediamenti, libereremo i sottopassi»

«Dopo via Pretoriano si va avanti, ricognizione in tutta la Capitale»

Il prefetto di Roma, Bruno Frattasi: «Stop agli insediamenti, libereremo i sottopassi»
di Camilla Mozzetti
4 Minuti di Lettura
Mercoledì 1 Marzo 2023, 08:08

«Non è stato solo un intervento di sgombero, ma di bonifica dell’area. Era previsto da tempo e purtroppo non è il solo posto dove insistono questi accampamenti». In merito ai quali, precisa fin da subito il Prefetto Bruno Frattasi, l’approccio è quello sì di ripristinare sicurezza e decoro, ma anche provare a risolvere le problematiche individuali di chi non ha nulla e vive per strada.

«A volte di fronte a questi interventi si dà una lettura sbagliata, mi permetta, di criminalizzazione della povertà. Questo è un vecchio stereotipo: si considera la povertà una forma di contiguità alla delinquenza e non è più così. La persona è al primo posto, se si fanno questi interventi è anche nell’interesse di questi soggetti perché vengano presi in carico e assistiti laddove possibile». 


Ecco, signor Prefetto, via del Pretoriano non è un unicum: tanti altri sono i luoghi simili, avete fatto un censimento?
«Stiamo portando avanti una ricognizione e i posti sono molteplici. Su questi interverremo analogamente a quanto fatto su via Pretoriano e ancora prima nel sottopasso Turbigo».


Solo qualche giorno fa, a proposito di sottopassi, un insediamento abusivo è stato avvolto dalle fiamme con il fumo che ha invaso la Tangenziale est recando disagi anche al traffico ferroviario perché ci si trovava in prossimità della stazione Roma-Nomentana.
«Interverremo in ogni posto che lo richiederà. Naturalmente bisogna pianificare con cura ogni operazione perché non entriamo in azione solo per portare una maggiore sicurezza. In questi insediamenti gravita un sottobosco dove è possibile trovare di tutto: dal piccolo delinquente allo spacciatore al giro di prostituzione, è un microcosmo alimentato anche da una certa delinquenza che ovviamente non possiamo ignorare anche nello stesso interesse di questi invisibili che spesso diventano vittime».


Dunque il binomio sicurezza-assistenza, fermo restando che molti soggetti rifiutano l’aiuto offerto.
«Questo è un aspetto che umanamente mi avvilisce, ma stiamo operando indubbiamente in chiave sicuritaria e anche socio-sanitaria, attraverso la bonifica dei luoghi, la presa in carico da parte dei servizi sociali, laddove possibile, di quelle persone che vogliono farsi assistere. Per via del Pretoriano in diversi hanno accettato l’aiuto».


Per cercare di dare ristoro a queste persone, con l’amministrazione di Roma Capitale la Prefettura si sta muovendo per rinvenire nuovi spazi di accoglienza. A che punto siamo?
«Stiamo andando avanti e credo che anche con gli assessori preposti potremo arrivare a delle soluzioni a breve. Conto inoltre di vedere la prossima settimana il responsabile della Caritas di via Marsala per coinvolgere tutti i soggetti che si occupano di assistenza».


Su via Pretoriano ora, a valle dello sgombero, cosa pensate di fare per evitare nuovi insediamenti?
«Convocherò una riunione con la Sovrintendenza capitolina per verificare la possibilità di difendere il luogo attraverso strutture permanenti, di contenimento, per eliminare il rischio di una recidiva».


In materia di sgomberi, state andando avanti con il recupero degli immobili di residenza popolare: San Basilio e da ultimo Torre Maura. Continua ad essere separato questo tipo di interventi dal piano sgomberi di immobili privati?
«Sono due discorsi separati: il fenomeno delle occupazioni abusive è vastissimo e altresì variegato.

Noi ci occupiamo, come dice l’articolo 11 del decreto Minniti del 2017 poi modificato nel 2018, di quelle occupazioni cielo-terra di palazzi che vengono presi d’assalto anche con l’intervento dei cosiddetti movimenti per l’abitare e che vengono poi abitati da nuclei familiari con disagio economico. Queste situazioni, le più complesse, fanno parte del programma degli sgomberi insieme a quelli su cui insistono decreti di rilascio. Parliamo di 27 occupazioni con centinaia di nuclei familiari. Poi ci sono varie situazioni del tutto diverse, ovvero occupazioni anche di proprietà pubbliche, lì invece c’è un fenomeno più pulviscolare con persone che vanno ad occupare singole unità abitative, a volte anche con esponenti legati o appartenenti a famiglie criminali, e l’abbiamo visto a San Basilio. E comunque, sia nei primi che nei secondi si va avanti».


Il nuovo Patto per Roma invece a che punto è?
«Ci rivedremo con il Comune a metà marzo per condividere la bozza del testo e credo che ad aprile si possa sottoscrivere l’accordo, necessario per la città, in quanto il precedente è scaduto nel 2021».


Ci può anticipare qualche misura?
«Il mio scopo è quello di individuare misure precise, la video sorveglianza urbana è un esempio».


E come sarà organizzata quest’ultima?
«Non ci sarà solo un mero incremento delle videocamere in città ma anche un sistema di miglioramento qualitativo della gestione delle stesse, con risorse dedicate e un’attuazione tracciabile, per evitare che nel patto ci sia solo la declinazione di buone intenzioni». 


Mi pare di capire che la parola d’ordine sia concretezza, dobbiamo aspettarci una rete unica di gestione di tutte le videocamere?
«Il progetto, su cui metteremo anche delle risorse come ministero dell’Interno, prevede un intervento sulla interoperabilità dei sistemi tutti, pubblici e privati e questo perché i flussi che arrivano da circa 7 mila videocamere devono essere messi a sistema e fare in modo che ci sia un’unica cabina di regia che guardi queste immagini». 
 

© RIPRODUZIONE RISERVATA