Roma, finiti i soldi per gli psicologi nelle scuole. I presidi: «Dopo il Covid triplicati i casi di disagio»

Aumentata la richiesta di specialisti e gli istituti chiedono contributi alle famiglie

Roma, finiti i soldi per gli psicologi nelle scuole. I presidi: «Dopo il Covid triplicati i casi di disagio»
di Lorena Loiacono e Francesco Pacifico
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Venerdì 20 Gennaio 2023, 06:16 - Ultimo aggiornamento: 06:50

Medie più basse e maggiori difficoltà di apprendimento, da un lato. Più casi di abbandono e soprattutto di disagio psicologico, dall'altro. Tanto che nelle scuole si impone una più alta presenza di psicologi, frenata dalla mancanza di soldi. Con gli scrutini è tempo di bilancio negli istituti della Capitale: insegnanti e presidi hanno registrato che l'impatto del Covid - quasi due anni in Dad - va ben oltre la parte didattica. «Rispetto al passato - spiega Cristina Costarelli, alla guida del liceo Newton- sono quasi triplicati i casi di disagio che si tramutano in disturbi più gravi: se prima erano 2, adesso ne ho 7. E sono ragazzi che non riescono più a stare in classe». Le fa eco dal Mamiani Tiziana Sallusti: «Non vedevo scene simili da anni: giovani che non vengono a scuola, non fanno sport, non vedono gli amici, non escono di casa. Per i quali ci sono progetti didattico individuale, per esempio con interrogazioni programmate, e sono seguiti da un terapeuta».

IL CONTRIBUTO
Questa la situazione, tanto che alcuni istituti, come spiega la preside del Newton, hanno «chiesto alle famiglie all'interno del contributo volontario risorse, cioè soldi, per pagare gli psicoterapeuti. Soprattutto ora che il governo non ha ancora confermato i fondi (20 milioni di euro, ndr) destinati ai servizi di supporto». Stando ai racconti dei direttori didattici i casi di disagio psicologico dopo il Covid sono cresciuti del 40 per cento. Soltanto ai centri Asl di via Plinio, di via Tripoli e di via Sabrata sono seguiti oltre 500 ragazzi con fobie scolari. L'Osservatorio nazionale Adolescenza ha stimato che un under 18 su 4 «ha sperimentato vissuti depressivi» e il 25 per cento è vittima di autolesionismo. L'ospedale Bambino Gesù ha comunicato che negli ultimi due anni c'è stato un +88 per cento di casi «di ideazione suicidaria» e un +50 di tentativi di suicidio.

Patrizia Marini, dirigente scolastico dell'agrario Sereni, nota che «sale nei ragazzi più piccoli l'insofferenza alla scolarizzazione. E sono aumentati anche i consigli di classe con le famiglie per la disciplina». Maura Manca, psicoterapeuta e presidente dell'Osservatorio, segnala un boom di «ansie, di attacchi di panico, paura ad affrontare tutti gli aspetti della vita scolastica, come una semplice interrogazione. E questi malesseri si cronicizzano in disturbi fisici». «Perché si sconta - nota Mario Rusconi, presidente dell'Anp - il disallineamento con la vita di reale, causato da due anni di stop and go della frequenza: prima la Dad, poi il ritorno in classe con le mascherine, dopo ancora a casa per il contagio.

Il gap nel livello apprendimento lo vedremo ai test d'ingresso nelle università, ma adesso è calata la capacità di confrontarsi con la vita. Per questo serve un presidio, lo psicologo fisso a scuola».

Negli istituti non mancano i centri di ascolto, ma funzionano soltanto un paio di giorni alla settimana. Alcune scuole come il Giulio Cesare hanno stretto accordi con le Asl: il governo non ha ancora confermato i 20 milioni, mentre la Regione si appresta a dare 2,5 milioni di euro fondi per il prossimo triennio. Sallusti, al Mamiani, non esclude «di chiedere aiuto alle famiglie». All'Amaldi la collega Maria Rosaria Autiero, ha dovuto «tagliare le ore di supporto psicologico da 350 a 160». Al Righi attinge al contributo volontario la preside Cinzia Giacomobono. Mentre Paola Senesi ricorda: «Non possiamo dimenticare, oltre a quelli generati dalla pandemia, i tanti disturbi, come quelli alimentari, che da sempre accompagnano l'adolescenza».
 

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