La prima udienza si è svolta venerdì al Tribunale di Velletri davanti a giudice Giulia Cavallone. È stato ascoltato il luogotenente dei carabinieri Nicola Ferrante, comandante della stazione di Grottaferrata. Ha raccontato la successione di minacce subìte dai condomini, racchiuse in una denuncia collettiva e nel provvedimento restrittivo nei confronti dell’ingegnere, attualmente agli arresti domiciliari a casa della sorella a Rocca di Papa. «Ora che non c’è, non è successo più nulla nel palazzo» ha detto il comandante in aula.
Intanto l’immobile si è spopolato. «Uno dei miei clienti - dice il legale Fagiolo - è un avvocato, è stato riempito di minacce, gli è stata bruciata la moto, poi il portone di casa, si è dovuto trasferire a Roma con la famiglia, ora sta pagando l’affitto nella Capitale e il mutuo a Grottaferrata, su un appartamento che nessuno vuole sia per i fatti accaduti, sia perché l’imputato negli anni si è opposto a qualsiasi miglioria o manutenzione». E l’edificio - basta guardarlo - ne ha risentito. Lo stalker condominale, secondo l’accusa sostenuta dal pm Francesca Fraddosio, sarebbe l’autore di una serie di angherie: la verniciature con scritte oscene sull’ascensore, messaggi su Facebook e post-it appesi nell’androne dove diceva: «Con due bombole di gas faccio saltare tutto per aria, così non potrete mai pignorare la mia casa», minacce che avrebbe ripetuto anche davanti ai carabinieri, intervenuti più volte nel palazzo. Il pignoramento era stato autorizzato dal giudice per spese condominali pregresse non pagate.
Poi le minacce ai bambini che giocavano in cortile: «Quando il palazzo esploderà, i bambini non vedranno più la luce e diventeranno cenere», avrebbe scritto sul suo profilo, poi chiuso da Fb. Episodi gravissimi culminati con il rogo del portone della casa dell’avvocato nel luglio del 2017: i carabinieri sul posto hanno raccolto testimonianze e preso le denunce. Ne è seguita la perquisizione dell’abitazione, al pian terreno, dell’ingegnere, «sembrava un’officina» racconta chi c’è stato. Una moto parcheggiata in soggiorno, tanti attrezzi e disordine. Un quadro di indizi che ha portato all’emissione dell’ordinanza di arresti domiciliari per l’ingegnere, tutt’ora in vigore, per il reato 612 bis.
L’ingegnere, nel corso dell’interrogatorio durante le indagini preliminari, qualcosa avrebbe ammesso, molto altro no e dice: «Quel profilo Facebook non è mio».
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