Roma, così la deroga sui fragili alimenta il racket occupazioni

Chi organizza il traffico utilizza i vulnerabili per chiedere il pizzo a tutti i residenti illegali

Roma, così la deroga sui fragili alimenta il racket occupazioni
di Fernando M. Magliaro e Giampiero Valenza
4 Minuti di Lettura
Domenica 6 Novembre 2022, 00:13 - Ultimo aggiornamento: 09:22

È polemica dopo la direttiva per dare la residenza agli occupanti abusivi degli appartamenti, purché fragili. Una norma che deroga al decreto Lupi (che impone il divieto di residenza e allacciamento ai servizi pubblici per chi partecipa a questo business illegale) e che di fatto finisce per alimentare l’illegalità e il raggiro. Con i fragili che, sempre di più, rischiano di finire sfruttati e utilizzati come “grimaldello” per poter occupare degli alloggi. Poco importa se appartamenti privati o dell’edilizia popolare: nella Capitale occuparli abusivamente è comunque un mercato che frutta soldi, che crea nuove piazze di spaccio di stupefacenti, che genera migliaia di allacci abusivi ad acqua e luce. Nella città che vive in penombra, si approfitta così dei più poveri che si sentono legati a organizzazioni che creano eserciti pronti a scendere in piazza per difendere non un diritto ma un abuso.

Per ogni casa occupata un inquilino irregolare accetta di pagare dai quattro ai diecimila euro: una sorta di tassa per evitare che qualcuno sfondi la porta. Poi c’è «l’affitto», un contributo alla protezione di 50 o al massimo alcune centinaia di euro al mese. In alcuni quartieri di Roma, un appartamento su tre di proprietà di enti privati si trova in queste condizioni.

Delle 76 mila case dell’Ater (l’Agenzia territoriale per l’edilizia residenziale) e del Campidoglio, sono circa 10mila quelle occupate. In questa galassia di illegittimità ci sono le storie più varie: tra queste, oltre al nipote che ha scelto di andare a vivere nella casa della nonna morta, ci sono le occupazioni violente, un vero racket. In totale, un mancato introito per lo Stato di circa 40 milioni di euro l’anno. Le periferie della città sono quelle prese più di mira. I blitz delle forze dell’ordine hanno più volte dimostrato gli interessi dei clan Spada e Di Silvio su Ostia, dei Casamonica a Cinecittà, dei Moccia su Tor Bella Monaca: in molti ricordano ancora la retata che, lo scorso febbraio, nel palazzone della torre 30 portò a scoprire quattro centrali di spaccio. 

Il mondo dei movimenti

Nelle zone più centrali intere palazzine sono (e sono state) occupate invece abusivamente, anche con il sostegno di movimenti estremisti di destra e di sinistra: lo Spin Time Labs a Santa Croce in Gerusalemme, la palazzina in via Napoleone III di Casapound, quella di Acrobax in via della Vasca Navale. Basta un bambino o una donna incinta e quella casa, quella scuola, quella caserma rimarrà tua. Fino a che non arriverà una sanatoria. Vince chi ha il piede di porco più grosso. Dietro il mondo dei movimenti per la casa o del diritto all’abitare si ritrovano affiancate le fragilità, la disperazione, la povertà ma anche la furbizia, la sopraffazione e lo sfruttamento del bisogno altrui. Inchieste giornalistiche sul “business” delle occupazioni abusive si sono succedute negli anni. Ogni tanto anche inchieste della magistratura che, però, anche quando arrivano alla fine, con le condanne, raramente sortiscono effetti “esemplari”.

Come il caso di un anno fa: una ventina di condanne, la più pesante delle quali un anno e sei mesi, giunte dopo un processo durato ben sette anni. Era il caso della ex scuola Amerigo Vespucci di Centocelle, di una ex clinica, la San Giorgio a Medaglie d’Oro, dell’Istituto Herz sulla Tuscolana e di un’altra scuola a Tor Carbone. I racconti di chi sta nel circuito delle occupazioni sono più o meno tutti gli stessi: il momento più delicato è quello dell’ingresso perché i vicini potrebbero sentire lo scasso delle porte o delle finestre e “chiamare le guardie”. In quel caso, per evitare rischi c’è sempre qualche minore, qualche donna incinta e qualche anziano nel gruppo di prima fila per entrare dentro, azzerando i rischi. Passata la prima fase, ci si sistema. Chi sta dentro comunque paga qualcosa. A raccogliere i soldi è quasi sempre il referente del “comitato” o del “movimento” che ha occupato. Quando ci sono le inchieste della magistratura si teorizza il reato di estorsione. Per le difese, invece, sono sempre contributi per bollette e piccole spese. A parte pagare, però, l’altra cosa che gli occupanti devono garantire è la presenza, su richiesta, a manifestazioni, picchetti, presìdi vari. E se i contributi economici sono limitati, più o meno quanto i canoni di affitto per le case popolari ufficiali, la partecipazione attiva alla “vita politica” del movimento è un elemento dal quale non si può prescindere. Pena l’espulsione dall’alloggio occupato.

© RIPRODUZIONE RISERVATA